Mossa del premier: cavalcare il referendum

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ROMA — Se quella di ieri è stata anche una sconfitta di Casini, che ha tentato più di altri di mandare giù il Cavaliere, e se davvero questo governo arriverà  al prossimo anno, passando indenne i prossimi appuntamenti parlamentari, Berlusconi ha in serbo una mossa che potrebbe spiazzare il suo come lo schieramento avversario: cavalcare il prossimo referendum elettorale invece di subirlo, abbracciarne le ragioni e indebolire ulteriormente i centristi puntando al ritorno del Mattarellum.

Con il vecchio sistema ha già  vinto due elezioni, nel 1994 e nel 2001, e se davvero la Consulta il prossimo anno ammetterà  il quesito referendario che potrebbe cancellare l’attuale legge elettorale (il cosidetto Porcellum, firmato da Calderoli) il Cavaliere potrebbe sostenere, per paradosso, proprio le ragioni di chi ha inseguito una consultazione elettorale anche per dare una botta definitiva al governo attuale.

Diceva ieri Berlusconi, smaltita la piccola euforia per «l’aggressione mancata», che potrebbe essere tentato dal cavalcare il referendum per almeno tre ragioni: «Costringo Casini a scegliere e gli tolgo la possibilità  di correre da solo, evito che la stessa cosa possa accadere nella Lega e poi, se il vento dell’antipolitica è così forte perché non dovrei ascoltarlo».

Se così fosse ovviamente sarebbero vani i discorsi di oggi sulla possibilità  di cambiare in corsa l’attuale normativa (cosa che il Cavaliere sostiene, in pubblico). E di conseguenza quella di Verdini e di chi oggi si occupa di studiare un nuovo sistema sarebbe solo melina: la sorpresa di gennaio sarebbe quella di un capo del governo che attraverso il referendum cerca di rafforzarsi, «altro che provocare una crisi per andare a votare».

Nella Lega dicono che Maroni la pensi allo stesso modo, che come Berlusconi ritenga il referendum un modo per costringere l’Udc a tornare nel centrodestra e quest’ultimo, con Angelino Alfano, al governo. Del resto tutti sanno, per averlo sentito dalla bocca del Cavaliere, che alle prossime elezioni non sarà  lui il candidato premier ma probabilmente proprio Alfano. Lo ha addirittura garantito direttamente a Barroso, nell’ultima visita alle istituzioni comunitarie: «Ti posso assicurare — ha detto al portoghese il nostro premier — che alle prossime elezioni non sarò più io il candidato del centrodestra ma Angelino Alfano, a fantastic boy!».

Ieri Berlusconi era ovviamente rinfrancato dal voto della Camera, ma anche consapevole che da qui in avanti questa maggioranza potrebbe anche non reggere se sottoposta a una prova ulteriore.

Per questo ha detto ai ministri, in apertura della riunione del governo che ha approvato la legge di Stabilità , che «questa vicenda deve insegnarci che non si scherza, che adesso bisogna essere rigorosi nella presenza in Aula»; lui stesso, ha aggiunto (a dire la verità  l’aveva detto anche prima dell’incidente sul rendiconto) «d’ora in avanti» si trasferirà  a Montecitorio, facendo diventare il suo studio alla Camera «la mia sede principale di lavoro».

Ha aggiunto che «la prossima settimana arriverà  il decreto per la crescita e lo sviluppo» e persino lodato Tremonti, «naturalmente attento che le misure per la crescita non incidano sul bilancio».

A margine del Consiglio dei ministri ha anche raccontato una parte della sua notte, trascorsa a convincere alcuni deputati del Pdl incerti sul sì alla fiducia e registrare alcune descrizioni che ieri il capo del governo formulava in questo modo: «Mi dicono che anche Montezemolo ha chiamato nella notte alcuni miei deputati, ma per ragioni opposte alle mie».


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