Modello Pomigliano per tutti i contratti nelle fabbriche del Lingotto
Partiamo dall’articolo 8. Si tratta di quella controversa norma del decreto di Ferragosto che, potenzialmente, sarebbe in grado di rivoluzionare le relazioni industriali infrangendo due tabù, la preminenza del contratto nazionale e l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, che tutela dai licenziamenti senza giusta causa. Soltanto che l’articolo 8 è stato preceduto dall’accordo tra la Confindustria e i sindacati, compresa la Cgil (un fatto da tenere a mente) siglato il 28 giugno e seguito dallo stesso accordo definitivamente firmato dagli stessi soggetti il 21 settembre con l’aggiunta di una postilla di poche righe tesa a depotenziare proprio l’articolo 8 nel frattempo approvato dal Parlamento.
L’intesa interconfederale, sia nella sua impostazione originaria sia in quella finale, ribadisce la tradizionale impostazione delle relazioni industriali, spiega il giuslavorista Salvatore Trifirò, fondata sulla centralità del contratto nazionale.
Invece, l’articolo 8, inserito nel decreto su proposta del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, capovolge il sistema consolidato e afferma la primazia del contratto decentrato, sia esso aziendale o territoriale. «È previsto — osserva Trifirò — che la contrattazione, a qualunque livello, possa regolare materie inerenti la disciplina del lavoro, a eccezione di talune specificamente individuate. E ciò anche in deroga alla contrattazione nazionale e alla legge, fermo restando il solo vincolo del rispetto delle norme costituzionali e sovranazionali».
Tra le materie oggetto di deroga, dice l’articolo 8, rientra anche la disciplina «del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio». In pratica, un’intesa aziendale può stabilire che in caso di licenziamento senza giusta causa non ci sia il diritto di reintegro nel posto di lavoro, come dice l’articolo 18, ma basti un indennizzo economico.
L’accordo del 28 giugno, come rafforzato dalla postilla richiesta dalla Cgil, non prevede invece che ci possano essere deroghe alle leggi e, aggiunge Trifirò, mantiene «ferma una gerarchia tra la contrattazione di primo e di secondo livello: al contratto nazionale si fa salvo il ruolo centrale e lo spazio lasciato alla contrattazione di secondo livello rimane residuale, estendendosi alle sole materie delegate, in tutto o in parte, dalla contrattazione nazionale». Questa delega «non può confondersi con la deroga alla legge e al contratto nazionale» autorizzata dall’articolo 8. Tanto più che con la postilla del 21 settembre Confindustria, Cgil, Cisl e Uil si impegnano a rispettare «compiutamente» le regole dell’accordo interconfederale a tutti i livelli. Ecco perché molti hanno parlato di «sterilizzazione» dell’articolo 8. Insomma, se Marchionne vuole la centralità del contratto aziendale, il decreto di Ferragosto gliela accorda, mentre restare nel sistema Confindustria gli avrebbe legato le mani.
E la Fiat non ci sta a farsi imbrigliare da accordi interconfederali che stanno un passo indietro rispetto a ciò che consente la legge. E qui arriviamo alla seconda causa della decisione di Marchionne di uscire dalla Confindustria. Tanto più che le intese di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco non sono destinate a restare isolate. Il contratto nazionale dei metalmeccanici, che ancora si applica negli altri stabilimenti scadrà alla fine del 2012. Poi per i lavoratori della Fiat non ci sarà più il contratto Federmeccanica-Confindustria, ma quello dell’azienda, che prevederà le Rsa invece delle Rsu, cioè le rappresentanze per i soli sindacati firmatari dello stesso contratto Fiat mentre chi non firma resterà fuori dalla fabbrica e non potrà invocare l’elezione delle Rsu come prevede l’accordo Confindustria-sindacati del 1993.
Infine, anche sull’ultima pendenza riguardante Pomigliano — il conflitto con la Fiom — la Fiat non è rassegnata. È vero, la sentenza del giudice Vincenzo Ciocchetti di Torino, pur affermando la validità dell’accordo di Pomigliano, ha aggiunto che la Fiom ha diritto alle Rsa anche se non ha firmato il contratto. Ma la partita non è chiusa. E non solo perché la sentenza dovrebbe essere appellata dalla stessa Fiom, ma perché non è escluso che la Fiat si rivolga alla Corte di Cassazione affinché affermi che il giudice di Torino non era competente sulla causa di Pomigliano. Se un’eventuale richiesta di questo tipo fosse accolta, il processo dovrebbe ripartire da zero.
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