Missione compiuta ma la Nato frena Obama: “Il popolo deciderà  il suo futuro”

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L’America ha vinto una guerra «in cui senza mettere un solo soldato americano a terra in Libia, abbiamo raggiunto i nostri obiettivi». Barack Obama avrà  pure combattuto la guerra di Libia “dal sedile posteriore”, decidendo di non schierarsi in prima linea dopo i bombardamenti iniziali (decisivi) alla Libia di Gheddafi. Ma ieri sera per il presidente americano è arrivato il momento di celebrare una scelta strategicamente e tatticamente giusta: delegare all’Europa il grosso della responsabilità  della guerra a Gheddafi dopo aver distrutto l’aeronautica libica. Per questo Obama compare davanti ai giornalisti per dire che la morte di Gheddafi «segna la fine di un lungo capitolo assai doloroso per il popolo libico». Il dopoguerra è ancora tutto da costruire, una vera pace fra le fazioni del Cnt va ancora negoziata, ma adesso per Obama «sarà  il popolo libico ad avere la possibilità  di decidere il suo futuro, e ora che uno dei dittatori più longevi non c’è più spero che il popolo dia vita a un paese tollerante e democratico».
Per Obama la scomparsa di Gheddafi è soprattutto una conferma delle sue scelte di fronte a un’opposizione repubblicana pronta a trafiggerlo sempre e comunque; ma la Nato e i paesi europei hanno molto più degli Usa la sensazione che in Libia si sia chiuso soltanto un capitolo di una storia che potrebbe continuare a riservare sorprese e difficoltà . Il segretario generale dell’Alleanza Rasmussen ieri sera ha detto che «la fine della nostra missione verrà  concordata con l’Onu e con il Cnt libico», mentre il ministro degli Esteri francese Juppè aveva appena ha fatto una fuga in avanti, dicendo che basterà  la proclamazione della “liberazione della Libia” da parte del Cnt per determinare di fatto la fine della missione Nato. Dichiarazione di “Liberazione” che il Cnt ha fissato per domani.
Secondo Rasmussen la morte di Gheddafi segna certo «la fine del regno della paura in Libia», ma l’ex premier danese dice solo che «la fine della missione Nato si avvicina». Le stesse parole usate da Obama, «la missione Nato finirà  presto», parole pronunciate nel discorso in cui comunque si fa stato del passaggio politico e militare decisivo provocato dall’uccisione di Gheddafi.
Vedremo se dietro questa apparente differenza lessicale fra Nato e Usa da una parte e Francia dall’altra c’è ancora una volta una divaricazione politica. Già  oggi a Bruxelles si riuniranno gli ambasciatori della Nato per decidere cosa fare dopo la morte del dittatore, dei suoi figli e dei loro complici più importanti. Una fonte del ministero degli Esteri italiano lancia un allarme, che è quello che ieri sera girava in alcune stanze del potere romano: «Attenzione, l’obiettivo grosso è stato centrato, Gheddafi non c’è più e i suoi caposaldi principali sono stati espugnati. Ma i gheddafiani possono ancora essere capaci di pericolosissimi colpi di coda, e sicuramente da un punto di vista politico e legale la Nato dovrebbe essere mantenuta in grado di poter continuare a controllare e se necessario intervenire».
Nelle parole di ieri sera sia Obama che il segretario Rasmussen invitano «tutti i libici a mettere da parte le loro differenze e a lavorare insieme per costruire un futuro più luminoso». La preoccupazione sottintesa è che possano partire scontri, anche militari, fra le fazioni libiche. Tanto che Rasmussen ha chiesto ai suoi portavoce di sottolineare ai giornalisti con cui hanno parlato la formula di esplicita cautela, quella che dice «la missione sarà  conclusa in coordinamento con le Nazioni Unite ed il Consiglio nazionale di transizione».
In effetti per i paesi della Nato si apre una fase politicamente assai delicata: ci sono tutte le premesse perché le differenze fra le varie anime del Cnt possano esplodere, in maniera anche violenta. E che tutto questo possa trasformarsi in un lungo periodo di instabilità  della Libia, che rovescerebbe pericoli e caos innanzitutto sulla “riva Nord” del Mediterraneo, ovvero Italia, Spagna e Grecia.


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