«Un passo di lato, non indietro» Il suggerimento di Maroni
Non è il momento per Berlusconi di trasformarsi in « padre nobile » ma di tornare a essere « un leader politico » . Questo si auspica Maroni, convinto che il Cavaliere « non debba fare un passo indietro, che provocherebbe la crisi del centrodestra. Piuttosto dovrebbe fare un passo di lato, così da gestire la transizione e guidare il ricambio generazionale » , affidando ad Alfano l’incombenza del governo e intestandosi la costruzione dell’area moderata, la futura « sezione italiana del Ppe » .
La fiducia conquistata ieri dal governo è un passo verso la meta di gennaio, quando il centrodestra si troverà davanti al bivio e dovrà scegliere se puntare anticipatamente alle urne o giocarsi fino in fondo la sfida, concludendo la legislatura. Questo sarebbe l’obiettivo di Berlusconi, che non intende passare alla storia per il «bunga bunga» ma per essere stato «il presidente del Consiglio che è riuscito centrare il pareggio di bilancio».
Nonostante una maggioranza parlamentare risicata e sempre più instabile, il premier ritiene che «se Prodi è riuscito a reggere per due anni con un solo voto di scarto al Senato, noi possiamo andare avanti per diciotto mesi con dieci voti di vantaggio alla Camera». Il tempo necessario, a suo giudizio, per «costringere Casini all’intesa», con la candidatura di Alfano a Palazzo Chigi e soprattutto con una legge elettorale che faccia piazza pulita di opzioni terzopoliste.
È una scommessa ai limiti dell’azzardo, se è vero che di qui in avanti Berlusconi rischierà ogni giorno una fine ingloriosa in Parlamento. E poco importa se l’incubo si concretizzerebbe per l’ignavia di un deputato o per l’azione predeterminata di un gruppo a lui ostile. In ogni caso il centrodestra andrebbe incontro a un’emorragia, lo stato maggiore del gruppo pdl della Camera ne è consapevole e ha già fatto un calcolo approssimativo: una quarantina di deputati salterebbe il fosso e appoggerebbe un altro esecutivo.
Come non bastasse, altre incognite gravano sulla testa del premier come spade di Damocle: perché nessuno al momento può prevedere cosa accadrà sul fronte giudiziario e su quello economico, perché basterebbero una sentenza di condanna o una sentenza dei mercati a cambiare radicalmente il quadro politico. L’idea di Maroni è proprio quella di prevenire e anticipare il gioco, consentendo al Cavaliere di continuare a condurlo, evitandogli un eventuale «passo indietro» coatto, e affidandogli ancora il primato dell’alleanza.
Ecco a cosa servirebbe quel «passo di lato» di Berlusconi, con cui — secondo il dirigente della Lega — «si prenderebbe in contropiede la sinistra», ma non solo. Con Alfano a Palazzo Chigi, il Cavaliere sarebbe nelle condizioni di tornare a essere un leader politico, «che è il ruolo dove ha sempre dato il meglio di sé». E siccome «lui è quello delle operazioni lampo», metterebbe spalle al muro i centristi; tenendo ancora in pugno il suo partito, bloccherebbe le spinte centrifughe nel Pdl già minato nella sua unità dalla richiesta delle primarie.
Insomma è chiaro che Berlusconi — al pari di Bossi — deve continuare a restare sulla scena per «garantire la transizione e guidare il ricambio generazionale». Dovrebbe cambiare il ruolo, e non è poco, ma un «piano B» serve in politica per non risultare in partenza già sconfitti. Tocca al Cavaliere decidere, tocca a lui stabilire se sfidare l’incidente o il complotto in Parlamento, oppure sparigliare, sottraendosi a quanti vorrebbero scardinare la cassaforte elettorale dell’alleanza.
Perché non c’è dubbio che la coalizione esprime ancora delle potenzialità ; un recente sondaggio della Lorien consulting spiega che «è in atto una crisi di Berlusconi e della sua leadership, non del centrodestra». E Alfano, nonostante nel Palazzo sia considerato una proiezione del premier, vanta — secondo l’istituto di ricerca — «giudizi positivi» nell’elettorato perché «rappresenta un segno di discontinuità rispetto al passato». Ma senza la regia del Cavaliere, senza una transizione morbida, l’operazione-ricambio potrebbe saltare. Di qui la tesi di Maroni sul «passo di lato».
Le opposizioni hanno messo nel conto l’eventualità , Bersani ha svelato il gioco: evitando la crisi in Parlamento, il premier ha «stoppato l’ipotesi del governo di transizione» per tornare a candidarsi o per «fare il kingmaker». Un’opzione che Casini (e non solo lui) vive come una minaccia, ecco perché ha tentato di muoversi per tempo, puntando alla spallata. Per il capo dei centristi è stato un «14 dicembre», e Maroni vorrebbe che il centrodestra capitalizzasse il risultato, che si sfruttasse l’ultima parte della legislatura per lanciarsi verso la prossima con maggiori chance di successo.
Gennaio sarà il momento della scelta. Per allora Berlusconi dovrà aver deciso se restar fermo, con il rischio di dover subire il «passo indietro», o fare «il passo di lato» che riaprirebbe tutti i giochi.
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