«Siamo l’ultimo ammortizzatore, chi li aiuta i nostri figli precari?»

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Al grido di «nessun dorma» i pensionati dello Spi Cgil hanno invaso piazza del Popolo a Roma. Sono arrivati da tutte le ragioni d’Italia. Si sono svegliati presto, hanno preparato zaini, pranzo a sacco e con pullman e treni si sono messi in cammino verso la capitale. Tutti uniti per ribadire il loro no a tagli e misure ingiuste che penalizzano non solo chi per questo paese, con il proprio lavoro, ha già  fatto molti sacrifici, ma soprattutto chi vede il proprio domani sempre più nero. Si parla di difendere le pensioni ma anche di precarietà  e di giovani. Visto che a lottare con loro ieri c’erano anche gli studenti.
«Siamo l’ultimo ammortizzatore sociale delle famiglie», urla dal palco il segretario generale dello Spi, Carla Cantone, mentre la piazza esplode in un caloroso applauso. «È proprio così – dice Luigi ex operaio, oggi in pensione da 5 anni – ho lavorato una vita e di sacrifici ne ho fatti molti, ho cercato col mio stipendio di far studiare i miei figli e tra mille difficoltà  oggi sono laureati. Pensavo che una volta fatto questo, con un pò di pazienza, avrebbero iniziato a lavorare. Non è così. Uno è ancora alla ricerca di lavoro e l’altro ha un contratto a progetto. Noi cerchiamo di dargli una mano per quanto è possibile, ma non è facile». Ha scelto di manifestare per due ragioni, Luigi. «In Italia oggi c’è un attentato ai diritti di base. Io con altri compagni ho lottato per difenderli e per permettere a chi veniva dopo di me di avere delle garanzie certe. Sentir parlare di facilitare la possibilità  di licenziare è una vergogna, si uccide il lavoro in questo modo». Ma Luigi non è in piazza solo per difendere pensioni e diritti, ha scelto di esserci per i suoi figli e per i tanti ragazzi come loro che oggi vivono difficili condizioni: «Non possono permettersi di progettare la propria vita». Come lui, di pensionati incazzati, ce ne sono tanti.
La signora Marisa è una di questi. Capelli grigi e occhi azzurri, sguardo fisso verso il palco e tra le mani una bandiera della Cgil. È partita da Alessandria con una sola idea in testa: protestare. «Siamo in un momento in cui occorre far sentire più forte la propria voce». Gli anni sembra non accusarli, e quando le chiedi di raccontarti la sua storia, noti subito che ha una gran voglia di parlare. «Scrivilo che sono arrabbiata -continua Marisa – scrivilo che io sono una di quelle tante pensionate che sopravvive tra mille difficoltà . Sono in pensione da due anni, e per una vita ho lavorato nelle poste. Prendo un assegno di 1000 euro al mese e con questi soldi devo viverci non solo io, ma devo anche aiutare i miei due figli. Uno è all’università , e so io i sacrifici che devo fare. Tra la retta, l’affitto di una casa e i quelli per vivere mi resta davvero poco in tasca. A questo aggiungi che ho anche un altro figlio che è un precario della scuola, e a cui spesso do una mano. Non so più come fare. Non voglio rassegnarmi e per questo ho scelto di esserci, lo devo alle nuove generazioni ».


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