«Le motivazioni della Fiat non stanno in piedi»

by Sergio Segio | 4 Ottobre 2011 6:35

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ORIO AL SERIO (Bergamo) — La risposta a Marchionne si trasforma, con un paio di rapidi passaggi su numeri e norme, nella difesa, ruvida e orgogliosa, di un’intera stagione della Confindustria. «Io», «la mia Confindustria», dice due-tre volte Emma Marcegaglia davanti a 1.300 imprenditori riuniti nell’hangar dell’aeroporto di Orio Al Serio, in una delle terre più “manifatturiere” d’Italia, «Io, la mia Confindustria potremmo avere fatto altri errori, ma lasciatemelo dire: sulle relazioni sindacali abbiamo la coscienza a posto». Con uno schema retorico simile all’«Orazione di Antonio”(Bruto è uomo d’onore, però…) Emma Marcegaglia punta diretta sul «caso Fiat». «Io ho il massimo rispetto per Marchionne, ma le sue motivazioni non stanno in piedi», aveva detto la presidente di Confindustria appena arrivata all’assemblea degli industriali bergamaschi. Ora, tarda sera, spiega dal palco: «Noi siamo un’associazione libera, che rappresenta 150 mila imprese, che dà  lavoro a 5 cinque milioni e mezzo di persone. Marchionne ha annunciato oggi che la Fiat lascerà  Confindustria dal primo gennaio 2012 e rispetto questa scelta, ma anche noi meritiamo rispetto, perché siamo persone molto serie».

Segue la ricostruzione delle vicende legate agli accordi siglati con i sindacati il 28 giugno scorso, con al centro l’ormai celebre articolo 8, dove si prevede, tra l’altro, la possibilità  di concordare a livello aziendale e territoriale norme in deroga ai contratti nazionali. Ma la frase che dà  il senso politico alla «giornata complessa» è questa: «Si illude chi scommette su una Confindustria più debole senza la Fiat. Noi andiamo avanti, non abbiamo paura: continueremo a fare sentire la nostra voce». Un avvertimento a distanza, (è stata l’interpretazione comune) rivolto più al governo, ai suoi ministri, che allo stesso Marchionne. E, infine, un’ultima precisazione sillabata con chiarezza: «Io non faccio trame e lo dico con chiarezza: non voglio fare politica».

Tutto il resto del discorso va letto dentro questa cornice. Marchionne (ancora una volta: «massimo rispetto») «ha avuto il grande merito di spingerci a modernizzare le relazioni industriali che erano ferme dal 1993, ma gli accordi con i sindacati li abbiamo fatti noi». Agli «strappi», la numero uno della Confindustria contrappone «la ricerca di una ricucitura con tutti, indispensabile in un momento come questo». E ancora: «Smettiamola con le polemiche stupide: è stato persino detto che Marcegaglia e Camusso sono la stessa cosa».

Ecco allora la sequenza dei «fatti»: «Il 28 giugno abbiamo siglato l’accordo, che è stato poi approvato all’unanimità  della giunta della Confindustria e sulla base di questo mandato il 21 settembre abbiamo ratificato l’intesa – spiega la numero uno degli industriali – Lungi da me voler fare polemica, ma ricordo che abbiamo chiesto un parere ai tre maggiori giuslavoristi del Paese e tutti ci hanno confermato che l’articolo 8 non viene affatto depotenziato. Mi dispiace Alberto, ma è così». «L’Alberto» in questione è il vice presidente di Confindustria, il bergamasco Alberto Bombassei, titolare della Brembo, consigliere di amministrazione di Fiat Industrial. La linea di frattura all’interno dell’associazione ora è plasticamente visibile davanti a tutti. Bombassei in prima fila, immobile, con le mani incrociate, mentre gli altri applaudono. Fra un paio di settimane le candidature per il dopo-Marcegaglia dovranno essere formalizzate. E molto probabilmente l’avversario della linea corrente sarà  proprio Bombassei, ieri di fatto lanciato pubblicamente nella competizione da Gianfelice Rocca (Techint) anche lui vice presidente di Confindustria.

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