L’Ipotesi di un contratto dell’auto
Il giudice Vincenzo Ciocchetti di Torino, con la sentenza del 16 luglio, ha da un lato riconosciuto la validità dell’accordo tra la Fiat e i sindacati Fim, Uilm, Fismic e Ugl, ma ha anche detto che la Fiom non può essere esclusa dalle rappresentanze sindacali aziendali previste dall’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori. La Fiat aveva annunciato appello osservando che l’articolo 19, come modificato dal referendum del 1995, assegna il diritto di costituire le Rsa solo ai sindacati firmatari di contratti. La Fiom, insiste quindi la Fiat, sarebbe fuori.
Ora però l’azienda potrebbe puntare a questo obiettivo seguendo una strada diversa, quella di un suo contratto dell’auto, sulla base delle intese di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco, fuori dal sistema Confindustria. Questo significherebbe che contro un eventuale contratto di questo tipo sottoscritto dalla maggioranza dei sindacati la Fiom non potrebbe ricorrere al giudice chiedendo l’applicazione del contratto nazionale dei metalmeccanici (quello firmato con Federmeccanica-Confindustria) perché la Fiat appunto non è più associata a Confindustria. Non potrebbe fare cioè come ha fatto per Pomigliano e Mirafiori, sostenendo che queste intese sono peggiorative del contratto nazionale e rivendicando l’applicazione di quest’ultimo ai suoi iscritti.
Con l’uscita dalla Confindustria, l’unico contratto che si potrebbe applicare in Fiat diventa invece quello aziendale. E le rappresentanze sindacali, ai sensi dell’articolo 19 dello Statuto, spetterebbero solo ai firmatari. La Fiom, senza firmare, non avrebbe l’agibilità sindacale. Sarebbe fuori dalla fabbrica, come un cobas qualunque, e senza possibilità di appellarsi ai giudici. Questo, almeno, sembra il disegno di Marchionne. Senza contare che il manager sembra deciso ad avvalersi in pieno della possibilità concessa dall’articolo 8 del decreto di Ferragosto di derogare, con le intese aziendali, anche alle leggi, compreso l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (licenziamenti).
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