Libia in festa per la liberazione Ma l’autopsia conferma “Esecuzione per Gheddafi”
TRIPOLI – Dopo l’annuncio, sul palco di Bengasi è stato caos. Ministri, capi combattenti, membri del Consiglio nazionale transitorio, si sono affollati e spintonati intorno al microfono nella baraonda festosa per la Libia liberata che si spera non sia emblematica di quel che attende adesso il paese. Subito dopo aver proclamato la «Libia libera da Gheddafi», il presidente del Cnt Mustafa Abdel Jalil ha guardato al futuro: «Esorto tutti al perdono, alla tolleranza e alla riconciliazione, necessario per il nostro futuro», ha detto Jalil di fronte a migliaia di persone in piazza a Bengasi. L’ex giudice e ministro della Giustizia, che provò a far prevalere la legge anche di fronte ai soprusi del dittatore, ha poi continuato: «Chiedo a tutti i libici di ricorrere allo stato di diritto e a nient’altro che alla legge e di non conquistare diritti con l’uso della forza». Per il presidente Usa Obama «è l’inizio di una nuova era, dopo decenni di brutale dittatura».
Il messaggio di Jalil stride con i nuovi particolari sulle ultime ore di Gheddafi. Un video ottenuto ieri dall’agenzia spagnola Efe mostra il colonnello picchiato in modo selvaggio dai ribelli mentre è su un pick-up, sevizie e botte di cui le indiscrezioni sull’autopsia, conclusasi ieri, non fanno menzione. Da Misurata un medico che ha esaminato il corpo di Gheddafi ha detto infatti che dopo «aver lavorato tutta la notte» sono stati estratti due proiettili, uno dal cervello e uno dall’addome. Altre fonti hanno poi dichiarato che i risultati dell’autopsia, non ancora resi pubblici, «non contrastano con quanto dichiarato dal Cnt» e «non si può escludere che a sparare al colonnello siano stati i suoi miliziani». «Volevo Gheddafi vivo, volevo sapere perché ha fatto tutto questo al popolo libico, volevo essere la pubblica accusa al suo processo», ha detto alla Bbc Mahmoud Jibril, capo del consiglio esecutivo del Cnt, ma le sue dichiarazioni non servono a tacitare la riprovazione degli alleati occidentali. Ieri il ministro della Difesa britannico, Philip Hammond, ha espresso senza mezzi termini il pensiero di chi ha aiutato la Libia a liberarsi dal dittatore: «La reputazione del Cnt è macchiata dall’uccisione di Gheddafi». Anche il ministero degli Esteri italiano «auspica» un’indagine interna per fare luce sulla morte del raìs. E nel frattempo si fa vivo con un messaggio audio il figlio Saif: «La nostra lotta continuerà anche dopo la morte di mio padre». E Saadi aggiunge: «Scioccato dalla brutalità dei ribelli».
Durante la cerimonia di Bengasi, iniziata con la lettura di un passo del Corano, il presidente Jalil ha ribadito che tra le priorità c’è l’organizzazione di un esercito regolare e di forze di sicurezza, ma anche per le celebrazioni si sono contati almeno dieci morti per i proiettili vaganti, una strage che continua ogni notte nelle strade di Tripoli. I ribelli non vogliono consegnare le armi perché si sentono minacciati, timori accresciuti dal messaggio diffuso dalla televisione siriana Al Arrai, in cui il figlio fuggiasco di Gheddafi, Saif Al Islam, ha chiamato i fedeli del colonnello a riorganizzarsi e combattere. La Libia libera dà ancora la caccia al figlio del raìs e anche le esequie di Gheddafi sono percepite come un pericolo. Un sito web lealista ha diffuso un messaggio, non verificato, che il colonnello avrebbe affidato ai suoi accoliti tre giorni prima di morire. Chiedeva di essere sepolto nella sua città natale, Sirte, secondo i dettami musulmani, e chiedeva di prendersi cura delle donne della sua famiglia. Ma Gheddafi fa ancora paura e un funerale pubblico sarebbe fonte di instabilità .
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