by Sergio Segio | 30 Ottobre 2011 7:24
PONTREMOLI (Massa Carrara) — Si apre da solo il cancello della centrale idroelettrica dell’Edison. Non altrettanto la bocca del dipendente che sgattaiola fuori: «Niente da dire, disposizioni interne, la questione è delicata…». Non c’è anima viva in questa piccola valle bagnata dal Teglia. Anche la scuola elementare intitolata al senatore Falck, che negli anni Trenta acquistò la diga per portare l’acqua nella fabbrica d’armi di Bagnone, deve aver visto l’ultimo bambino ai tempi del duce. Ma bastano quattro tornanti per sentire le voci, eccome. «È là dietro…». Non la nominano nemmeno, non ce n’è bisogno. La diga Rocchetta, con i suoi 76 metri d’altezza e 136 di larghezza a cavalcioni del torrente Teglia, modula da sempre i destini di questa porzione di Lunigiana. Produce energia elettrica per conto della «Edison Spa». Ma da martedì, da quando la bomba d’acqua è rotolata giù, tra boschi, borghi e campanili, sfogando in Val di Magra la sua potenza distruttiva, i cattivi pensieri dei valligiani puntano lì.
«Quando è arrivata l’onda — dice il vicesindaco di Aulla, Gildo Bertoncini —, tutti hanno pensato la stessa cosa: la diga, oddio, hanno aperto la diga, perché il livello dell’acqua in pochi secondi è passato da 2 a 8 metri e mai era avvenuta una cosa del genere: abbiamo il diritto di sapere se durante la piena l’apertura della diga è avvenuta correttamente o invece ha contribuito ad amplificare l’effetto distruttivo». Nessuno, neanche il più arrabbiato dei valligiani, vuole fare di Edison un capro espiatorio. La Procura di Massa Carrara, che ha avviato un’inchiesta contro ignoti per disastro e omicidio colposo, sta cercando in più direzioni eventuali responsabilità e il procuratore capo Aldo Giubilaro qualche idea comincia a farsela: «Dai primi sopralluoghi — ha detto —, ho visto cose che non avrei voluto vedere: soprattutto costruzioni che non ci dovevano essere». L’elicottero dei magistrati ha sorvolato a lungo la diga Rocchetta: «Non siamo tecnici, aspettiamo le relazioni degli esperti e poi faremo valutazioni».
Ma nella valle martoriata hanno fretta di capire. Enrica Filippini e il marito Bruno Ferrari, che vivono in una casa di sasso a due chilometri sotto la diga e che solo per miracolo non hanno perso nel fango la figlia ventiquattrenne, intendono dare battaglia e stanno raccogliendo adesioni per costituire comitati: «L’impressione è che un’onda del genere sia stata causata dall’apertura di tutte le paratoie della diga, alla base e in alto: se così fosse, qualcuno dovrà risponderne». E poi, continuano, «come mai, sapendo da domenica del peggioramento del tempo, non è stato gradualmente svuotato l’invaso, evitando di aggiungere altra acqua alla piena?». Perentoria la reazione ufficiale dell’Edison: «Tutte le operazioni si sono svolte secondo le procedure». E le procedure, a quanto appreso, prevedono in caso di piena l’apertura degli scarichi di fondo che fanno defluire le acque sotto l’alveo del fiume in modo graduale, evitando di peggiorare la situazione: «Le paratoie alte, di sommità , non sono state assolutamente azionate», assicurano.
Intanto, nella disastrata Val di Vara, dolore e riscatto si alternano. A Borghetto Vara è stato recuperato il corpo dell’ottava vittima, la professoressa Rita Cozzani: suo marito è sopravvissuto e ha salvato una donna. La resurrezione delle Cinque Terre passerà invece anche dalle parti di Obama: in accordo con l’ambasciatore Usa in Italia, David Thorne, i cittadini americani che verseranno contributi riceveranno dei buoni vacanza.
Anche il genovese Beppe Grillo, ieri nelle zone alluvionate, è pronto a correre in aiuto: «Ho un progetto: Vernazza così è troppo triste…».
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