by Sergio Segio | 2 Ottobre 2011 6:23
ROMA – «Sacrosanto» discutere di tutto. «Tranne che di abolizione delle pensioni di anzianità , un chiodo fisso di Confindustria». Il ministro Maroni apre al “Progetto per l’Italia” in cinque punti lanciato due giorni fa da industriali, banche, cooperative, artigiani, per la crescita del Paese. Ma blinda i timidi segnali di apertura – evidenti, da qualche tempo, pure nelle fila del suo partito, la Lega Nord – sul capitolo previdenza. Un tema, tuttavia, mai del tutto uscito di scena. E che potrebbe ritornare con forza, nonostante il veto dei sindacati. Vista anche la durezza della richiesta espressa dalla Bce nella lettera del 5 agosto di «ottenere risparmi già dal 2012» sulla spesa per le pensioni. E considerati i saldi ballerini delle due manovre estive, a fronte di anemiche previsioni sulla crescita e delle nuove regole europee che impongono un ancor più severo dimagrimento della zavorra del debito a partire dal 2015. Se un nuovo intervento sui conti pubblici si imporrà , le pensioni ne faranno di sicuro parte.
Gli industriali rilanciano, dunque, una cura drastica: lavoratrici del privato fuori a 65 anni già nel 2012, anticipo dal prossimo anno del meccanismo di aggancio automatico dell’età pensionabile alla speranza di vita, abolizioni delle pensioni di anzianità . Risparmio previsto secondo Confindustria: 2,9 miliardi nel 2013, per arrivare a 18 miliardi nel 2019. La risposta di Maroni, registrata ieri nel varesotto, sembra ultimativa. Altrettanto scettica la Camusso: «Il manifesto degli industriali ha ancora l’idea che il prezzo lo debbano pagare i lavoratori, come sul tema delle pensioni». Per il segretario della Cgil, l’allungamento dell’età pensionabile, così come previsto negli ultimi provvedimenti del governo, «moltiplicherà distorsioni e disuguaglianze». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Bonanni, leader Cisl: «Prima di discuterne vogliamo vedere passi decisi sulla riforma fiscale, sui tagli alla politica, sulla patrimoniale. Io in questa situazione non vado certo a chiedere nuovi sacrifici ai pensionandi».
La confusione è molta. All’interno del governo, tuttavia, la posizione di Maroni appare sempre più minoritaria. «Io e il mio partito la pensiamo come Confindustria, ma purtroppo il nostro è un governo di coalizione in cui un partito ha posto una serie di veti. Con la delega previdenziale cercheremo di fare di più», promette Paolo Romani, ministro dello Sviluppo economico, additando la responsabilità della fase di stallo alla posizione della Lega. «E’ chiaro che alla fine anche la Lega dovrà scegliere: o si aumenta l’età pensionabile o si fa una patrimoniale. Non si scappa», osserva Altero Matteoli, a capo delle Infrastrutture. «Io interverrei sulle pensioni e mi terrei la patrimoniale come extrema ratio qualora la crisi ci dovesse imporre nuovi sacrifici», annota il ministro, visti anche i dati segnalati ieri dall’Inps. «Non si sono ancora calcolati i risparmi delle misure che il governo ha preso colpendo le pensioni, che c’è già qualche ministro che vorrebbe un nuovo intervento. Questo è inaccettabile», fa muro Cesare Damiano, capogruppo Pd alla commissione Lavoro della Camera.
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