Le pensioni salvate dai precari
ROMA — La crisi morde, anche per i conti dell’Inps. Secondo l’assestamento del bilancio 2011, varato dal presidente Antonio Mastrapasqua e ora all’esame del Consiglio di indirizzo e vigilanza, quest’anno l’ente di previdenza, che spenderà per pensioni e prestazioni varie 283 miliardi di euro, chiuderà con un deficit d’esercizio di 2,9 miliardi contro una previsione di un attivo di 365 milioni contenuta nel budget originario e contro un deficit di 1,3 miliardi nel 2010.
Si tratta del secondo esercizio in rosso, dopo che dal 2000 al 2009 i risultati erano sempre stati positivi — ricorda la relazione del collegio dei sindaci. Finirà in disavanzo anche la gestione finanziaria di competenza: 343 milioni contro un attivo di 1,2 miliardi del preventivo. Resiste solo un esiguo avanzo di parte corrente: 100 milioni (contro 1,6 miliardi previsti)
La variazione del risultato economico di esercizio negativa di 3,2 miliardi rispetto alle previsioni riflette la svalutazione dei crediti contributivi e il peggioramento dei conti delle diverse gestioni previdenziali. E la nota di assestamento non tiene neppure conto della revisione del Pil appena decisa dal governo per il 2001: dall’1,1 allo 0,7% che probabilmente avrà un impatto negativo sulle entrate contributive dell’Inps, anche se gli ultimi dati, riferiti ai primi otto mesi dell’anno, segnalano incassi superiori dell’1,4% rispetto a quanto preventivato.
Passando alle singole gestioni, il comparto dei lavoratori dipendenti chiuderà sì in attivo, ma solo di 1,5 miliardi contro i 3,4 miliardi previsti. Un buon risultato comunque, tenendo conto che sarà conseguito nonostante i fondi speciali (Trasporti, Elettrici, Telefonici e dirigenti d’azienda ex Inpdai), che segneranno un rosso complessivo di ben 7,8 miliardi. Al saldo finale positivo del comparto concorre infatti l’attivo dei dipendenti al netto di questi fondi speciali (7,3 miliardi) e quello delle prestazioni temporanee (assegni familiari, malattia, cassa integrazione, in avanzo di 2,1 miliardi).
Male anche le gestioni dei lavoratori autonomi, tutte in deficit crescente: 3,5 miliardi quella dei coltivatori diretti; 5,6 miliardi quella degli artigiani; un miliardo e mezzo quella dei commercianti. In totale più di 10 miliardi e mezzo di disavanzo. Va benissimo invece il fondo dei parasubordinati (collaboratori, consulenti, amministratori) che chiuderà in attivo di 7,2 miliardi, anche perché, a fronte dei contributi incassati da circa 1,7 milioni di lavoratori, le pensioni in pagamento sono pochissime.
Schematizzando, si può concludere che i conti dell’Inps sono tenuti — per ora — in piedi dai lavoratori precari, dalle entrate per le gestioni temporanee, che anche qui sono sempre molto superiori alle uscite, e dai lavoratori dipendenti che insieme con i loro datori di lavoro versano all’Istituto il 33% della retribuzione lorda. I conti sono invece zavorrati da una serie di pesanti eredità : dai fondi speciali a quelli dei lavoratori autonomi. Tutti questi hanno alcune caratteristiche in comune: hanno visto un progressivo peggioramento del rapporto tra lavoratori attivi (che versano i contributi) e pensionati (che ricevono gli assegni) e poi continuano a pagare pensioni molto generose in rapporto ai contributi versati (artigiani e commercianti, per esempio, pagano ora il 20-21%, ma fino a pochi anni fa stavano intorno al 14-15%).
Tanto per avere un’idea, dai dati dell’assestamento di bilancio si ricava che i coltivatori diretti verseranno nel 2011 all’Inps in media 2 mila euro all’anno, gli artigiani e i commercianti circa 4 mila, mentre i lavoratori dipendenti e le loro aziende 9.854 euro a testa. Se si guarda all’importo medio delle pensioni corrisposte dagli stessi fondi le differenze non sono però così forti: 11.612 euro all’anno per i lavoratori dipendenti, 10.252 euro per gli artigiani, 9.427 per i commercianti, 8.089 euro per i coltivatori. Le pensioni a carico dei fondi speciali sono invece molto più elevate, sia perché hanno alle spalle retribuzioni più alte sia perché i sistemi di calcolo, in passato, erano qui particolarmente generosi. Così, gli ex dirigenti d’azienda prendono in media 49.860 euro all’anno e assegni importanti sono corrisposti anche dai fondi dei telefonici (25.862 euro), degli elettrici (24.940) e dei trasporti (20.671).
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