by Sergio Segio | 23 Ottobre 2011 8:06
TUNISI. Le tensioni degli ultimi giorni di campagna elettorale sembrano aver lasciato spazio alla riflessione. Non è facile orientarsi tra le numerose liste che hanno raccolto i candidati di oltre cento partiti nati dopo la rivoluzione. I manifesti elettorali (volantini con le facce dei candidati e il simbolo) sono incasellati in appositi spazi dipinti sui muri, più che annunci elettorali sembrano mortuari, incorniciati come sono da strisce nere.
Ma la campagna elettorale non ha risparmiato colpi, soprattutto dopo la provocazione del leader islamista Rachid Ghannouchi che dopo aver fatto una campagna da primo partito, e non solo per i soldi, ha detto che nelle elezioni ci saranno brogli e se così sarà – ovvero se En-nahda non sarà maggioritario – gli islamisti scenderanno in piazza. La minaccia è stata presa sul serio dai partiti democratici che purtroppo si presentano divisi lasciando spazio agli islamisti, anche se hanno già annunciato di essere disposti ad allearsi dopo il voto.
Negli ultimi giorni si è alzata la tensione e anche la paura degli islamisti che secondo Maya J’ribi, segretaria generale del Partito democratico progressista (Pdp), hanno alla fine mostrato il vero volto. Accusati di avere un doppio linguaggio, uno ufficiale moderato, e uno radicale con i militanti, Rachid Ghannouchi, il leader storico di En-nahda, li ha riunificati alla vigilia delle elezioni. Un passo falso, una minaccia, il tentativo di fare paura ai tunisini – se non ci votate sarà il caos, copiando così la vecchia minaccia di Ben Ali – oppure i timori che il successo sperato non sarà confermato e quindi bisognerà pensare a prendere il potere con altri mezzi? Comunque sia, un gesto di irresponsabilità a tre giorni dal voto. Che certamente non calmerà la violenza dei salafiti che vogliono imporre le donne col velo integrale all’università di Sousse o di quelli che danno l’assalto alla tv Nesma perché trasmette Persepolis.
La vigilia del voto in una Tunisi soleggiata sembra una giornata di vacanza. Dopo gli ultimi fuochi, le due Tunisie sembrano passarsi accanto senza sfiorarsi.
L’una, quella islamista, che ha chiuso la sua campagna elettorale nello stadio di Ben Arous pieno di uomini, donne tutte velate con rare eccezioni, molti giovani e ragazzine che facevano sfoggio di veli colorati. Uno sventolio di bandiere di En-nahda alternate a quelle dei «rivoluzionari» libici e dei palestinesi. Il verde islamico bandito perché En-nahda non si vuole confondere con i partiti fratelli che hanno già dato un’infelice prova dell’islamismo cosiddetto moderato. E per dimostrarlo, in prima fila sul palco, c’era Souad Abdelrahim, unica donna candidata senza velo, che si è presentata però nelle Americhe visto che non vive in Tunisia. Anche se è arrivata per le ultime battute di campagna elettorale. Sul palco appariva con capelli sciolti, tailleur e tacchi a spillo. Nell’unico intervento femminile della parata, ha rivendicato per En-nahda il ministero dell’educazione nel prossimo governo per insegnare ai bambini la propria identità islamica. Epperò tutti gli interventi maschili hanno sottolineato il loro impegno a rispettare lo statuto di famiglia, il più progressista del mondo arabo. Sotto nubi nere che minacciavano pioggia si è concluso il grande raduno del popolo islamista mentre il popolo modernista (Polo democratico modernista, Pdm) cominciava ad affollare un palazzetto dello sport, la Coupole di El Menzah.
Una coreografia da grande spettacolo, del resto una delle capolista di Qotb (questo il nome in arabo che vuole dire orientamento e viene esplicitato nel simbolo: una stella, segno di orientamento dei marinai e dei popoli del deserto) è Salma Baccar, famosa regista. La musica, anche qui assordante come in tutti i meeting, era molto moderna senza trascurare alcuni inni storici come quello palestinese o «bella ciao». Durante il meeting con brevi interventi dei capilista dei cinque governatorati di Tunisi (due donne e tre uomini) è stato presentato il programma della coalizione creata da Ettajdid, la versione socialdemocratica dell’ex partito comunista tunisino. Per il Polo, la Costituente deve sancire una evoluzione moderna del paese attraverso la separazione tra stato e religione, basata sull’uguaglianza tra uomo e donna, con la garanzia della libertà di espressione e di creatività . Il Polo ha puntato molto in campagna elettorale sulla valorizzazione della cultura. Ma non sono mancati altri punti importanti come il lavoro e l’ecologia.
Nel meeting, come del resto in quello organizzato dal Pdp alla Cité di El Khadra, duri gli attacchi alle minacce irresponsabili di Rachid Ghannouchi. Il Pdp e il Pdm, entrambi favorevoli a un’alleanza dopo le elezioni, dovrebbero costituire il principale ostacolo alle imposizioni degli islamisti che se risulteranno il primo partito rivendicheranno il diritto di formare il nuovo governo che, invece, per Brahimi, leader di Ettajdid, dovrà essere ancora costituito di tecnici fino alle elezioni.
Se la folla presente nello stadio di Ben Arous ci aveva dato l’impressione della forza di En-nahda, l’affollamento della Coupole ha ridimensionato i rapporti di forza. Ma soprattutto la presenza di tanti giovani, moltissime donne, il clima di festa, la presentazione per nulla rituale dei candidati, ci hanno fatto dimenticare di essere dal lato sud del Mediterraneo e per un momento il sogno tunisino di libertà e democrazia è diventato anche il nostro.
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