by Sergio Segio | 5 Ottobre 2011 7:00
MILANO — È stata «illecita l’acquisizione del corpo di reato», e perciò il giudice assolve l’imputato di evasione fiscale e ordina al pm di distruggere l’unico documento che fondava l’incriminazione: la lista Falciani, cioè l’elenco di 80.000 correntisti della banca HSBC, sottratto alla filiale di Ginevra dall’ex dipendente informatico Hervé Falciani e finito in mano alla magistratura francese.
Con la lista Falciani al macero per sentenza, vanno in fumo anche le aspettative del Fisco italiano di recuperare montagne di denaro dai 7 mila evasori italiani finiti negli ultimi mesi nel mirino penale della magistratura e tributario dell’Agenzia delle Entrate sulla base proprio di quell’elenco: trafugato, ma lecitamente trasmesso per rogatoria nel giugno 2010 dalla Procura di Nizza alla Procura di Torino di Giancarlo Caselli, quindi inoltrato ai comandi regionali della Guardia di Finanza, e infine girato alle varie Procure competenti per territorio.
Dopo tanti rinvii di decisione da parte di toghe di molte città , per la prima volta ieri il giudice Gianni Reynaud ha infatti «immediatamente archiviato» il procedimento contro un supposto evasore fiscale a Pinerolo perché l’investigazione si basava «su un dato processualmente inutilizzabile» quale la lista Falciani. Documento non soltanto frutto di un’«appropriazione indebita aggravata di documenti», ma anche e soprattutto «formato attraverso la “raccolta illecita di informazioni”, trattandosi della stampa di file contenuti in un sistema informatico riservato, nel quale Falciani si era abusivamente introdotto» o comunque «trattenuto per fini diversi dalle mansioni» che ne autorizzavano la password: condotta che, dopo un contrasto giurisprudenziale, il 18 gennaio scorso la Cassazione a sezioni unite ha ritenuto integri il reato di «accesso abusivo a sistema informatico».
Ma in Italia dal 2006 — e cioè dal convulso fine settimana in cui maggioranza e opposizione vararono all’unisono un decreto, terrorizzate dal timore che nell’inchiesta sul dossieraggio illegale praticato dalla Security di Telecom/Pirelli potessero spuntare intercettazioni abusive — esiste una legge che impone la distruzione dei «documenti illecitamente acquisiti» e condanna a 6 anni chi continua a detenerli (7 se pubblico ufficiale). Così, quando l’avvocato Giacomo Lunghini prospetta l’applicabilità di questa legge non soltanto alle intercettazioni illegali ma anche a documenti quali la lista Falciani, i pm Chiara Maina e Giuseppe Amato scrivono che «deve convenirsi con la difesa» che i documenti acquisiti da Falciani siano «qualificabili come “illegali” perché la relativa riproduzione è stata effettuata all’insaputa dei titolari delle informazioni che dovevano rimanere riservate». Le micidiali conseguenze sono due.
La prima è che in mano alle Procure (prima di Torino e poi del resto d’Italia) resta una lista «inutilizzabile processualmente e, prima ancora, anche investigativamente quale notizia di reato»: al punto che i pm si fanno restituire dalla GdF di Orbassano la lista, revocano la delega d’indagine e chiedono subito l’archiviazione accettata dal gip «in assenza di altre prove».
La seconda è che, sempre «sulla scorta del principio chiaramente ricavabile dalla legge» del 2006, il giudice dispone che «il pm, a tutela delle ragioni di riservatezza dei soggetti cui si riferiscono le informazioni illegali, proceda alla distruzione» dei documenti. E se per celia ci si può esercitare sul paradosso di magistrati equiparabili a ricettatori di refurtiva, più seriamente gli avvocati Carlo Cortinovis ed Edward Greco sono già pronti a usare la decisione per chiudere anche la pratica all’Agenzia delle Entrate.
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