«Dai pm prove consistenti su Fede, Mora e Minetti»

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MILANO — I pm Boccassini-Forno-Sangermano hanno «offerto un consistente materiale probatorio rappresentato non soltanto dal contenuto delle intercettazioni, ma anche da numerosi testimoni, da documentazione bancaria e dall’esito delle perquisizioni, oltre che da riscontri di diversa natura ad ipotesi investigative nelle annotazioni di polizia»: e tutto ciò «induce a ritenere in via astratta che le qualificazioni giuridiche dei fatti siano corrette». È la convinzione del giudice Maria Grazia Domanico nelle 7 pagine con le quali lunedì ha fissato al 21 novembre il processo al direttore del Tg4 Emilio Fede, alla consigliera regionale pdl Nicole Minetti e all’agente tv Lele Mora per l’ipotesi di induzione e favoreggiamento della prostituzione della minorenne Ruby e di 32 ragazze alle feste di Silvio Berlusconi. Tanto più che «il materiale probatorio a carico degli imputati ragionevolmente non può ritenersi immutabile ma appare suscettibile di ulteriore sviluppo in sede dibattimentale, come indicano anche le recenti dichiarazioni» il 9 agosto al pm Antonio Sangermano della modella marocchina Imane Fadil.

Nella richiesta di giudizio i pm avevano fatto partire le condotte penalmente rilevanti non più solo da febbraio 2010, ma già  da «settembre 2009 in Milano e altrove». Così facendo, però, avevano esposto la giugulare alla tagliola difensiva circa la competenza di Messina. Il giudice Domanico osserva infatti che l’aver «indicato settembre 2009 come data di consumazione del reato di induzione alla prostituzione» di Ruby e l’aver aggiunto a Milano «anche un generico “altrove”», ha «indotto i difensori a sollevare l’eccezione di incompetenza in quanto è vero che dagli atti emerge che nel settembre 2009 Ruby era in Sicilia dove incontrò per la prima volta Fede» a un concorso di bellezza dal 3 al 7 settembre 2009 a Sant’Alessio Siculo (Messina). Ma il giudice ritiene che l’indicazione di questo momento consumativo del reato «non trovi una corrispondenza nel materiale probatorio», dal quale «non emerge alcun elemento che faccia ritenere» che al concorso di bellezza «si fosse consumato il reato di induzione alla prostituzione»: infatti, «dal semplice incontro e anche dall’interessamento di Fede alla ragazza, non può dedursi che l’imputato in quella occasione abbia persuaso, convinto, spinto, aiutato, favorito la minore ad avere rapporti sessuali con Berlusconi in cambio di denaro o altre utilità . Al più, da parte di Fede vi fu una condotta prodromica alla consumazione del reato, come tale penalmente non rilevante in quanto rimasta nella sfera intima e di pensiero dell’imputato». Per il gup, la data di consumazione del reato non è quindi il settembre 2009 che avrebbe portato a Messina il processo, di cui radica invece la competenza a Milano quando Ruby vi approda contattando Mora (dicembre 2009). Nella sua ordinanza, inoltre, il giudice lamenta «il collegamento operato in modo suggestivo dalla difesa Minetti» circa contatti telefonici nel settembre 2009 tra Ruby e Fede, esclusi invece da una nota dello Sco. Via libera, infine, alla richiesta dei pm di «trascrivere conversazioni “omissate” ma che può dedursi siano intervenute» fra i tre imputati e «membri del Parlamento, nel caso di specie gli onorevoli Berlusconi e Mariarosaria Rossi»: perché sì? Perché «non vi sono dubbi che debbano ritenersi» intercettazioni «del tutto casuali, sia per l’esiguità  del numero sia perché gli interlocutori legittimamente intercettati non possono definirsi interlocutori abituali dei parlamentari». Oggi udienza del processo sui diritti tv, ma con l’incognita del «legittimo impedimento» addotto sia da Berlusconi sia dai suoi onorevoli-legali.


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