L’America degli indignati si rimette in marcia
NEW YORK — Tra la gente che sfila nella prima grande manifestazione della protesta giovanile contro Wall Street — la marcia per le vie del distretto finanziario organizzata da «OccupyWallSt.org» e alla quale partecipano ben 15 sindacati di New York — Francine Hyde è una di quelle con le idee più chiare: «L’economia è un disastro, stiamo rinunciando al nostro futuro. Servono soldi per la scuola, la ricerca, l’innovazione. Bisogna far pagare di più i ricchi. Se danno di più, sono pronta anch’io a fare la mia parte con le tasse. Siamo pochi? Non è che le nostre idee non sono condivise. È che la stragrande maggioranza della gente è soffocata dal lavoro: non hanno tempo per informarsi, per capire quello che sta succedendo al nostro popolo».
Solo che Francine non è uno degli studenti o dei disoccupati che da quasi tre settimane occupano Liberty Square, la piazza in mezzo alle banche che fa da quartiere generale della protesta. È un’insegnante in pensione. Poco lontano da lei Hugh Heath, un ragazzo senza lavoro venuto da Chicago per chiedere una «riforma fiscale equa», ammette candidamente di non sapere cosa sia la «Buffett Rule» proposta da Obama per far pagare di più i ricchi. Né ha mai sentito nominare il miliardario democratico che denuncia un sistema che gli fa pagare un’aliquota più bassa di quella della sua segretaria.
C’è di tutto nel corteo composto da 20mila persone, partito nel pomeriggio da Foley Square — la piazza incastrata tra i tribunali di Lower Manhattan, a due passi dalla sede della polizia — e diretta a Wall Street. Giovani, ma anche molti anziani. Studenti, ma anche operai e lavoratori dei servizi. Più che i messaggi, difficili da mettere a fuoco (si va dalla protesta contro «la finanza rapace» allo stop immediato delle operazioni militari in Afghanistan), conta questo mix sociale dietro il quale si agita il disagio di un ceto medio impoverito che prova a venire allo scoperto dopo tre decenni di distribuzione fortemente squilibrata dei redditi.
C’è molto di eccessivo nel movimento senza leader e senza programmi che giorno dopo giorno sta crescendo, si organizza, usa Facebook, Twitter e i filmati su Youtube per farsi conoscere in America e all’estero e per denunciare le brusche azioni di contenimento della polizia. Il registra Michael Moore, tornato in piazza, parla di «ricchi fuori controllo, cleptomani e sociopatici». E l’attrice teatrale e commediografa Roseanne Barr vuole forse sperimentare la dimensione del grottesco, ma ha un aspetto tremendamente serio mentre dice, davanti alle telecamere della rete via cavo Rt News di essere «favorevole al ritorno della ghigliottina», ma solo «nei casi estremi di banchieri che non cambiano strada nemmeno dopo un periodo passato nei campi di rieducazione».
Alla manifestazione di ieri c’era veramente di tutto: verdi, vegani, studenti, pensionati, conducenti dei sindacati del trasporto pubblico, insegnanti, neolaureati che temono di diventare l’avanguardia di una «generazione perduta». C’era perfino il sindacato degli inquilini di Chinatown. Oggi si replica attraversando l’Hudson e «sconfinando» in New Jersey: si va a protestare davanti agli uffici della Goldman Sachs.
Non è certo difficile trovare contraddizioni clamorose o conflitti d’interesse in questa coalizione «arlecchino». Per molti, ad esempio, i pensionati indebitati e benestanti «rubano» un pezzo di futuro ai giovani. Qualcuno vede anche i semi di conflitti di culture: soprattutto tra i sindacati, abituati al leaderismo dei loro eletti e a messaggi assai concreti, e un movimento di piazza non ha capi.
Ma, con tutti questi limiti, quello che sta nascendo — non solo a Manhattan, ma anche a Boston, a Los Angeles, e a Chicago — è il primo movimento di massa americano dell’era di Internet. Per adesso è un magma, com’erano a metà del Novecento le prime manifestazioni per i diritti civili e le marce per il lavoro.
Forse non decollerà mai davvero. Ma, intanto, oltre a preoccupare i banchieri di Wall Street (che cominciano a chiedersi se devono temere per la loro incolumità ) la protesta ha iniziato a influenzare la politica americana: è anche pensando agli «indignados» a stelle e strisce che, ieri, il Partito democratico ha scavalcato a sinistra il suo presidente proponendo di finanziare il piano per il lavoro di Obama con una «sovrattassa sui ricchi»: un’addizionale del 5 per cento sui cittadini che guadagnano più di un milione di dollari l’anno.
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