L’Eta pronta all’addio alle armi “L’annuncio entro pochi giorni”
Per la prima volta, dopo 43 anni, l’Eta potrebbe abbandonare definitivamente la lotta armata. I segnali sono incoraggianti. Anzi, secondo la maggioranza degli osservatori e dei leader politici baschi la decisione è imminente. «Entro questa settimana», preconizza un dirigente del Partito nazionale basco (Pnv) che vuole rimanere anonimo, «l’organizzazione annuncerà che il cessate il fuoco diventa definitivo e irreversibile. La decisione finale è presa. E questa settimana è il momento in cui deve essere resa pubblica».
Scandita da speranze e delusioni, la lunga marcia verso la fine della lotta armata e lo scioglimento dell’organizzazione terroristica ha avuto un’improvvisa accelerazione. Merito del difficile lavoro di mediazione portato avanti dal Gruppo Internazionale di contatto (Cig) che si è avvalso dell’esperienza di alcuni personaggi di fama internazionale: l’ex dirigente del Sinn Féin Gerry Adams, l’ex primo ministro irlandese Bertie Ahern, il capo di Gabinetto dell’ex premier britannico Tony Blair, Jonathan Powell, l’ex segretario generale dell’Onu Kofi Annan, l’avvocato sudafricano Brian Currin. Molti, tra questi, hanno lavorato ad altri importanti processi di pacificazione: dalla fine dell’apartheid in Sudafrica allo scioglimento dell’Ira in Irlanda del Nord. Le trattative e il dialogo sono in corso da quasi due anni. Ma solo nelle ultime settimane, con un dibattito tra le file dei militanti dell’Eta ancora in circolazione e soprattutto tra i 700 detenuti nelle carceri spagnole e francesi, si sono create le condizioni per una scelta che chiuderebbe uno dei periodi più tragici e difficili della Spagna democratica e dell’intera Europa. Sullo sfondo pesano le elezioni del prossimo 20 novembre.
Nata nel 1959 durante la dittatura di Francisco Franco per puntare all’autodeterminazione del popolo basco, l’Eta si è assunta la paternità di migliaia di attentati, agguati, uccisioni, rapine, estorsioni. In quasi mezzo secolo di attività , dal 1968, sono rimaste sul terreno 829 vittime: poliziotti, dirigenti politici, amministratori locali, imprenditori, giornalisti. Una strage impossibile da dimenticare. Ferite che restano ancora aperte; che hanno reso scettici anche i più ottimisti fautori di una pace e contrari i familiari degli assassinati.
L’organizzazione basca ha subito molti arresti, si è trovata senza una dirigenza capace di valutare il senso di alcune trasformazioni politiche e sociali radicali; è venuto a mancare anche il sostegno popolare ad una battaglia su principi condivisi, ma inseguiti con una pratica fuori dal tempo. Dal 30 dicembre 2006, con l’attentato all’aeroporto di Madrid che provocò l’interruzione di importanti trattative, l’organizzazione terroristica ha interrotto ogni attività e ha avviato un dibattito interno. Nel gennaio scorso è stato prodotto un documento in cui si annunciava la volontà di chiudere con la lotta armata.
Il governo spagnolo ha reagito con scetticismo, ha preteso un chiaro abbandono delle armi e lo scioglimento del gruppo. Il 23 settembre scorso, 700 etarras, i detenuti, hanno sottoscritto un nuovo documento verso questa soluzione. Ma solo ieri mattina, nella conferenza internazionale per la pace a San Sebastian, si è aggiunto il tassello finale. Al termine dei lavori, l’ex primo ministro irlandese Bertie Ahern ha letto un importante documento: «Chiediamo all’Eta di annunciare la fine della lotta armata e di chiedere un dialogo con i governi francese e spagnolo. Sollecitiamo questi ad accogliere l’invito e ad avviare un confronto». La parola adesso passa all’Eta. Tutto lascia pensare che lo farà nei prossimi giorni.
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