by Sergio Segio | 31 Ottobre 2011 6:59
BERLINO. In un mondo segnato da guerre, odi e violenze, la felicità è forse l’unica aspirazione comune di tutti. Ma ognuno ne ha un’idea diversa. Come misurarla e definirla? Non è solo o sempre denaro, né sorriso sul volto di tutti i passanti, né unicamente lavoro e istruzione, ciò che ci rende felici. Per Aristotele la felicità era «esercitare liberamente il proprio pensiero», Jim Morrison la cantava come «un nulla che al momento in cui lo viviamo ci sembra tutto». Diverse istituzioni internazionali e governi hanno elaborato i loro indici della felicità . Con priorità ben diverse: se ami vivere rispettando l’ambiente, scegli il Costa Rica, se sei un individualista a caccia di qualità della vita meglio il Canada, se per te il prodotto interno lordo procapite conta sopra ogni cosa sogna di divenire suddito del Granduca di Lussemburgo. Se ti piace il socialismo reale, vai in Cina. Parola della Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung, che a indici e concetti di felicità dedica, senza risposte, un paginone. Un elemento in comune in quasi tutti gli indici: alcuni Paesi (Australia, Canada, monarchie scandinave) sono ai primi posti nelle classifiche più diverse. Italia o Germania no.
«Dei giorni felici ti accorgi solo quando hanno ceduto il passo a giorni infelici», ammoniva Arthur Schopenhauer. Ma com’è la felicita vissuta, che ne siamo consapevoli o no? La “New economics foundation” ha elaborato un indice basato sulla possibilità di vivere molti anni felici rispettando l’ambiente, e là il civilissimo Costa Rica, la “Svizzera del Centroamerica”, è primo. Seguito da paesi davvero non ricchi: Repubblica domenicana e Giamaica, con i tedeschi all’umiliante 51mo posto.
È un indice della felicità da ecoidealisti, si obietterà . Eppure alla prima potenza europea non va molto meglio nel “better life index”, la classifica stilata dall’Ocse in base alla qualità della vita individuale, in base alla soddisfazione media per prosperità , salute, istruzione. Numero uno è l’Australia, seguita da Canada e Svezia. I tedeschi che propongono il loro modello a tutta l’Europa sono appena 16mi. Vogliamo adesso ascoltare i materialisti, chi misura la felicità col prodotto interno lordo procapite? Il piccolo Lussemburgo batte tutti, l’argento va alla Norvegia, il bronzo al progreditissimo emirato del Qatar. Berlino è appena decima, povera Angela Merkel. C’è poi l’indice della felicità come sensazione soggettiva ma stabile di benessere, cui accenna il premio Nobel per l’Economia Daniel Kahneman. Qui primeggia il Canada, tallonato dalla Norvegia e, a pari merito, da Olanda, Svezia, Svizzera e a sorpresa Venezuela, forse perché Chavez ha ancora molti petrodollari con cui redistribuire ricchezza e garantire buoni ospedali e scuole invitando medici e insegnanti cubani, poveri ma bravissimi.
Fin qui, quasi solo di idee di felicità del mondo libero. Ma via, in tempi di capitalismo in crisi, diamo la parola anche ai comunisti puri e duri. La televisione nordcoreana ha diffuso il suo “global happiness index”, ovviamente basato su coefficiente di socialismo e successi del sistema. Medaglia d’oro al Grande Fratello, la Cina senza i cui aiuti alimentari ed economici a Pyongyang andrebbe molto peggio. Secondo posto ovviamente la stessa Corea del Nord, seguita da Cuba. Ma l’Iran ha strappato al Venezuela il 4°posto. Forse per la gioia con cui ha potuto comprare missili nordcoreani per i suoi piani atomici? Chi sa. Tornando in Occidente, certo la Costituzione Usa garantisce il diritto alla ricerca della felicità , ma gli States oggi non sembrano certo la società più felice del mondo. Il Parlamento tedesco, metodico e preciso, aveva convocato una commissione d’esperti per scoprire il segreto della felicità , ma finora senza risultati. E voi, dove vi sentireste felici?
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