by Sergio Segio | 13 Ottobre 2011 7:20
ROMA – Da Wall Street alla Banca d’Italia sulle ali dei social network che amplificano la protesta e ingrossano le fila degli indignati. Una mobilitazione dilagata ieri in diverse città italiane – epicentro Roma – contro «la dittatura finanziaria che smantella i servizi pubblici e il welfare, cancella i diritti, uccide il nostro futuro». Sorta di prova generale di quel che accadrà sabato prossimo nella capitale, dove al grido di “Yes, we camp” almeno 150mila fra studenti, precari e attivisti dei movimenti sfileranno in corteo fino a piazza San Giovanni. «Il 15 ottobre scendiamo in piazza per rimanerci. Portate una tenda», è il messaggio chiarissimo lanciato dal coordinamento nazionale dei collettivi. Manifestazione sulla quale il Viminale ha già lanciato la massima allerta.
Flash mob e sit-in si sono materializzati dall’alba al tramonto ai quattro angoli del Paese. Trovando sponde insospettabili: «La protesta degli indignati è per certi aspetti comprensibile – ha commentato a sorpresa Luca Cordero di Montezemolo -. Non c’è dubbio che il problema dei giovani sia oggi il problema di questo Paese, uno su quattro non ha lavoro e la non crescita colpisce soprattutto loro». Da Bolzano ad Ancona, “Okkupiamo Bankitalia” era lo slogan della giornata. Davanti alla sede di Palermo è stato affisso uno striscione: «Attenzione, qui speculano sulle nostre vite». A Trento: «Noi il debito non lo paghiamo». A Napoli hanno mangiato spaghetti e bevuto vino: «Non contate su di noi, questi erano gli ultimi soldi rimasti», avvertiva un cartello. L’epilogo peggiore a Bologna, dove il conto finale dei tafferugli parla di dodici feriti (i più gravi una 23enne con labbro e denti rotti e un carabiniere con spalla lussata) – e un assalto alla Corte d’Appello con lancio di faldoni dalla finestra.
Una sfida comunque a bassa intensità , rimasta sul filo della goliardia quasi ovunque, in particolare a Roma, dove a Palazzo Koch era atteso il presidente Napolitano, al quale il gruppo dei “Draghi Ribelli” (omaggio ironico al governatore prossimo capo della Bce) avrebbe voluto consegnare una lettera aperta sulla crisi. Missione fallita. Intorno all’istituto di via Nazionale, chiusa al traffico da una trincea di blindati, le forze dell’ordine stringono un cordone invalicabile. Ma gli indigandos romani, almeno cinquecento, non si perdono d’animo: ballando e suonando, ripiegano poche decine di metri più su e si accampano davanti al Palazzo delle Esposizioni. Massimo dello sberleffo: appiccicare manifesti sulle camionette della polizia. Unico atto vandalico contro un bancomat lì vicino: tanti piccoli adesivi che fanno il verso ai colossi del credito tricolore. Intesa diventa “Banca Intrusa”, Unicredit “Unidebit”, Bankitalia “Banca d’Itaglia”.
Un happening che col buio diventa surreale. Spuntano le prime tende, una dopo l’altra vengono montate sui sampietrini. Si canta e si danza in attesa delle star del teatro Valle, occupato da tre mesi: a tarda sera si affaccia Sabina Guzzanti per portare solidarietà . E incitare alla resistenza. Gli indignati non si fanno pregare. Il loro obbiettivo è restare lì fino a sabato, modello Madrid. Ma la questura insiste: è ora di sgomberare.
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