La sfida di Renzi: le primarie? Bersani può perdere

by Sergio Segio | 29 Ottobre 2011 7:05

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FIRENZE — Alle primarie «corre chi vuole correre». E Pier Luigi Bersani sappia che può anche perdere. «In Francia il segretario del partito socialista Martine Aubry ha corso alle primarie e ha perso…». Matteo Renzi apre la «Leopolda 2011» davanti a duemila persone, non tutte giovanissime, lancia il suo «Wiki-Pd» aperto ai contributi di chiunque e scatena, come promesso, il «Big Bang». E meno male che dice di non sentirsi un «guastafeste»… «Il mio peggior difetto? Sono troppo arrogante, lo ammetto».
Il Pd gli «garba», ma solo «quello serio, quello vero». Si dice che avesse accarezzato l’idea di scendere in campo per la premiership a dispetto dello Statuto, con la segreta speranza di «farsi cacciare» dal Pd per far man bassa di voti. Ma Bersani ha provato a rompergli il giocattolo. Ha detto che si candida, ma non si è fatto scudo delle regole interne del partito e, per sminare la bomba Renzi, ha aperto le primarie a tutti: «Io non ho paura». Bersani non teme Renzi e non teme Zingaretti, però si prepara a cambiare lo Statuto, dove è scritto che il candidato premier è il segretario del partito. «Bene, senza primarie non ci sarebbe il Pd», accoglie la svolta Renzi. E a sera la presidente Rosy Bindi, che allo Statuto si era appellata per stoppare il leader dei «rottamatori», certifica suo malgrado la rivoluzione inevitabile: «Se ci sono richieste di candidatura la strada è cambiare lo Statuto. E corrono tutti». E a quel punto, chi vince? «Bersani, chi mai dovrebbe vincere?».
Vista da Firenze, la partita per il segretario non si annuncia così facile. Basta varcare la soglia dell’ottocentesca stazione Leopolda per capire che Renzi fa sul serio e l’unico paragone possibile è con il Lingotto di Walter Veltroni. C’è un’aria nuova, giovane e non giovanilistica. Un linguaggio facile, immediato. Luci ovattate, come in un locale di tendenza. Ci sono le porte pieghevoli per il calcetto e i canestri da basket, l’area bambini e il palco che diventa palcoscenico «perché nessuno salga su un podio per parlare agli altri». Ma al centro della scena, che evoca un interno Anni 50, seduto al computer come fosse a casa sua, c’è sempre lui. Un po’ attore, un po’ comico, un po’ presentatore. Allegro, ironico, sferzante. A volte volutamente irritante.
La lettera di Berlusconi alla Bce? «Ci fa piacere che abbia calmato l’Europa, ma non si sa nulla di cosa voglia fare il governo». Le alleanze? «Io in coalizione con Diliberto non ci sto nemmeno a Firenze». La pubblica amministrazione? «Basta con i dirigenti a tempo indeterminato».
Si era ripromesso di essere buono con Bersani e compagni, di non trattare troppo male «dinosauri», «sfingi» e altre anticaglie democratiche, ma davanti ai cronisti non resiste: «Bersani che chiede le dimissioni di Berlusconi su Twitter è il tormentone più cliccato. La sfida del centrosinistra è dire cosa viene dopo». Nella testa di Renzi il «dopo» sono le elezioni e non «un inciucione», quale sarebbe per lui un governo tecnico. È un programma in cento punti da lanciare online, è una squadra che «non è una corrente ma molto peggio, perché nun ce ne po’ frega’ de meno». E un vocabolario che non schiva parole come «supercazzola», rubata al Mario Monicelli di Amici miei.
Renzi, si sa, è uno che non le manda a dire. Parla del programma del Pd e ironizza sull’idea che le soluzioni per la crisi economica possano nascere da «un tizio che sta chiuso al Nazareno e che non ha preso mai voti neppure in un condominio». Che farebbe, se a Palazzo Chigi ci fosse lui? Abolirebbe il finanziamento pubblico ai partiti, ma «non è una ripicchina». Cancellerebbe i vitalizi e il bicameralismo perfetto. Affronterebbe il tema licenziamenti senza tabù. Metterebbe mano alle pensioni, passando dal retributivo al contributivo. Taglierebbe le cattedre universitarie aumentate «in modo squallido e vergognoso». E farebbe carta straccia degli ordini professionali, perché «sono caste». Come ha detto aprendo la tre giorni Davide Faraone, il deputato all’assemblea regionale siciliana che vuole fare il sindaco di Palermo e che sfiderà  il candidato ufficiale del Pd.

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