La Nato annuncia: «Missione conclusa alla fine di ottobre»

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BRUXELLES — Da vivo, qualcuno lo condannava alla forca e qualcun altro gli baciava la mano. Ma anche da morto, Muammar Gheddafi riesce a dividere i suoi avversari. Ci sono volute 5 e più ore di riunione, ieri, per consentire ai Paesi della Nato una decisione su quando, e come, proclamare la conclusione della missione militare in Libia. Alla fine, è giunto l’annuncio del segretario generale dell’Alleanza Anders Fogh Rasmussen: tutte le operazioni cesseranno il 31 ottobre, «sarà  una svolta netta e completa, nessun mezzo della Nato resterà  nell’area», e fino a quel momento «si manterranno le capacità  militari per proteggere la popolazione civile e assicurare il controllo» della regione. Rasmussen ha spiegato anche che nei prossimi giorni si concorderanno i tempi e le misure di quanto deciso (sono «passi preliminari», ha detto, dunque ancora da formalizzare) sia con l’Onu che con il governo libico; e ha aggiunto che spetterà  a quest’ultimo stabilire se aprire o no un’inchiesta sulla morte di Gheddafi. «Sono molto fiero» di come è andata l’operazione Unified Protector, ha detto il segretario generale dell’Alleanza, smentendo le voci di forti disaccordi al suo interno.
E tuttavia i disaccordi ci sono stati davvero, e ci sono ancora: per esempio, anche sull’opportunità  o meno per la Nato di contribuire alla ricostituzione e all’addestramento delle forze armate libiche.
Due, almeno fino a poche ore fa, i fronti contrapposti: da una parte Francia, Italia, e altri, per i quali si poteva senz’altro tornare a casa; dall’altra la Gran Bretagna, e altri, per i quali vi erano esigenze di sicurezza che avrebbero consigliato invece un ritiro in qualche settimana. Nicolas Sarkozy, il presidente francese, dichiarava ieri che «la missione sta chiaramente arrivando alla fine». Controcanto: per William Hague, ministro degli esteri britannico, la morte di Gheddafi «avvicina molto» la fine delle operazioni, e però «noi vorremmo essere sicuri che non ci siano ancora sacche di forze filo-gheddafiane ancora in grado di minacciare la popolazione civile». Eco concorde dal collega alla difesa, Philip Hammond: «Una volta che avremo accertato questo, e che la popolazione sarà  pronta, l’Alleanza si organizzerà  per ritirare la missione».
La principale delle esigenze di sicurezza accampate da Londra sarebbero i circa 22 mila «missili portatili» con annesso mini-sistema di puntamento, che Gheddafi ha accumulato per anni nei suoi deserti, e che domani potrebbero far gola a molti terroristi. Che la missione non potesse prolungarsi per molto, era comunque parere comune di tutti i suoi capi militari. Il comandante supremo per l’Europa dell’Alleanza, ammiraglio James Stavridis, ieri lo aveva scritto senza giri di parole sul suo blog personale, su Internet, poco prima che iniziasse la riunione del Consiglio nord-atlantico: «Sono state 24 ore straordinarie per la Libia. Come comandante in capo, fra poche ore io chiederò al Consiglio la conclusione di questa missione. Un buon giorno per la Nato…».
Ma lo stesso ammiraglio aveva potuto misurare subito quanto fosse spinoso il tema, da alcuni messaggi giunti al suo blog: «Hai le mani piene di sangue, sei un Hitler della nuova era» (firma: Radim Kadkecik), o «un gran giorno per l’Occidente, che succhierà  tutte le risorse della Libia e la distruggerà » (firma: Marsel Kalemi).


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