La mossa a sorpresa del Cavaliere “Pronti a riformare le pensioni”
BRUXELLES. ROMA – L’Italia gioca la carta pensioni al vertice europeo di Bruxelles. «Siamo pronti alla riforma della previdenza» ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berluscon. Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti lancia l’europiano per il Sud. Intanto arrivano nuove critiche al governo dalla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia.
ovvero la malattia italiana. Ieri, alla vigilia dell’incontro, lo ha scritto impietosamente il Suddeutsche Zeitung, quotidiano bavarese – «il vero tema del vertice è l’Italia» – chiedendosi come potrà Roma e soprattutto il governo Berlusconi, che finora «in modo quasi criminale» non ha fatto nulla per la crescita, «resistere alla prossima ondata della speculazione». Sul banco degli imputati per la sua inazione, terrorizzato per un attacco speculativo all’Italia di portata devastante, il premier è dunque deciso a uno scatto improvviso, andando a recuperare l’unico vero dossier che potrebbe rassicurare le cancellerie europee e i mercati sulla buona volontà dell’Italia: la riforma previdenziale. «Solo se ce lo chiede l’Europa possiamo farla. Altrimenti la Lega – ha spiegato il premier prima di partire per Bruxelles – su due piedi è capace di mettere in crisi il governo».
E’ proprio questo, a quanto si apprende, l’asso nella manica che il premier intende giocarsi al tavolo del vertice. L’avrebbe voluto fare già ieri sera veramente, in un colloquio cercato a tutti i costi con la Merkel al castello di Meise, a margine della cena per i leader del Ppe. Ma nonostante i tentativi di approccio del Cavaliere, la Cancelliera si è ben guardata dal concedere udienza. Con i giornalisti italiani il premier si è vantato di averci parlato addirittura «a lungo», mentre fonti di Berlino ci tengono a precisare che «non c’è stato alcun colloquio bilaterale, solo un incontro collegiale». Purtroppo per il capo del governo italiano ancora pesa l’eco di quelle indiscrezioni di stampa su quegli apprezzamenti infelici che il nostro avrebbe (avrebbe) rivolto alla Cancelliera in una presunta telefonata intercettata. Tuttavia Berlusconi non demorde. La speranza, l’ultimo appiglio per il Cavaliere, è infatti l’Europa. Il premier lo disse apertamente a un attonito presidente Van Rompuy a metà settembre, invocando un «vincolo esterno» europeo per costringere i governi nazionali a fare quello che non avrebbero mai da soli la forza di portare a termine. L’idea è sempre quella, resa oggi impellente dallo stallo totale in cui si è nel frattempo avvitata la maggioranza. Sul decreto sviluppo infatti, al di là della propaganda sulle «100 agevolazioni», non c’è ancora nulla. Nulla di decisivo s’intende. A parte il piano EuroSud, annunciato da Tremonti mettendo il cappello sul lavoro di Raffaele Fitto. Ma si tratta dei vecchi fondi Fas. «Sembra che tutto dipenda da noi!», è sbottato il Cavaliere di fronte all’ennesima rampogna di Confindustria. Insomma, per trovare risorse da destinare alla crescita restano davanti al governo soltanto due strade. Quella del condono fiscale (ribattezzato “concordato” per renderlo più sexy), che però non sarebbe accettata dall’Europa in quanto misura una tantum. Un provvedimento impresentabile politicamente e non strutturale, soprattutto perché monco di quella riforma fiscale che sola potrebbe, al limite, giustificarlo. L’altra strada, l’unica possibile a questo punto, è la riforma delle pensioni. Per farla digerire a Bossi, Berlusconi ha studiato un piano. L’operazione prevede che il Consiglio europeo di domani, o al limite quello di mercoledì, si concluda con una dichiarazione che contenga una forte sollecitazione agli Stati membri a «uniformare i criteri della spesa sociale». «Uniformare», verbo apparentemente neutro, ma che in italiano verrebbe tradotto come abolizione delle pensioni d’anzianità . Di un intervento del genere, del resto, già si discusse in gran segreto a metà agosto al ministero dell’Economia. L’idea era quella di inserirlo nel decretone, ma alla fine l’opposizione invalicabile di Bossi fece saltare tutto. Il progetto, allora, era di intervenire sul meccanismo delle quote, per arrivare entro il 2015 a un vero e proprio blocco dei ritiri anticipati, con l’allineamento dell’età ai 65 anni necessari per la vecchiaia. E risparmi calcolati in poco meno di 2 miliardi di euro all’anno.
Saverio Romano, ricevuto ieri mattina a palazzo Grazioli per discutere della possibile vendita di terre demaniali agli agricoltori (6 i miliardi che si potrebbero incassare), ricorda che «quando Prodi approvò l’aumento delle pensioni per le donne non ci furono proteste. Perché ormai l’italiano è preparato all’idea di dover lavorare più a lungo». Ultima grana per il Cavaliere, Bini Smaghi che non si dimette dal board della Bce: «Spero capisca – dice Berlusconi sconsolato – e che si dimetta», come Parigi vuole.
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