La linea di resistenza del Cavaliere “Arrivare a Natale, ma pronto al voto”

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ROMA – La linea di resistenza Berlusconi l’ha illustrata ieri a Claudio Scajola ed è quello che si sono sentiti ripetere tutti coloro che gli hanno fatto visita nelle ultime ore: «Dobbiamo reggere fino a Natale, aiutatemi a resistere». Il premier è infatti alla disperata ricerca di un periodo di tregua, indispensabile per invertire la rotta e provare a recuperare consensi. Nessun Berlusconi-bis, né rimpasti, né l’annuncio di non ricandidarsi alle prossime elezioni: il premier ora pensa solo a galleggiare nella tempesta. «Se facessimo un passo indietro non ci fermeremmo più: sarebbe il segnale del “rompete le righe” e salterebbe tutto. Non mi si può chiedere questo».
E dunque avanti, nonostante la situazione comatosa della maggioranza, avanti fino a che sarà  possibile. Sperando di arrivare fino al 2013. «Al paese – dirà  oggi il premier in aula – non servono avventure, ma un governo solido per affrontare la crisi e rilanciare lo sviluppo». Ma se, nel frattempo, il caos del centrodestra dovesse precipitare in una crisi di governo, il premier si tiene pronto al peggio. Alle elezioni anticipate. Ad Alessandra Ghisleri ha chiesto nei giorni scorsi di testare il gradimento di una lista che si chiamerà  «Italia per sempre», un contenitore da affiancare al Pdl ma che potrebbe anche essere il nuovo nome del partito. Già  sono stati prenotati gli spazi pubblicitari per le affissioni, se dovesse saltare la legislatura. E anche il discorso che il Cavaliere pronuncerà  oggi sarà  giocato all’attacco, quasi un intervento da campagna elettorale.
«Dopo Natale – ha spiegato il premier a un sottosegretario – ci potrà  essere un tratto in pianura, un periodo di calma necessario per pianificare la comunicazione e riconquistare gli italiani. Adesso però dobbiamo resistere». Per questo, dopo la fiducia prevista per domani, il premier ha dato ordine di approvare a tambur battente (con un’altra fiducia) la legge bavaglio sulle intercettazioni. Una legge «necessaria», altrimenti «continueranno a uscire le mie telefonate sui giornali e saremo sempre costretti a difenderci».
Di fronte a un Berlusconi che intende barricarsi e «resistere», diventa quindi centrale l’atteggiamento del capo dello Stato. Naturale che a palazzo Grazioli siano stati letti con molta attenzione i segnali che arrivavano ieri dal Colle. Segnali rassicuranti, almeno stando a quanto raccontano gli uomini del premier: «A Napolitano non possiamo addebitare nulla, al contrario di Fini. Il comportamento del capo dello Stato è stato ineccepibile».
Nonostante il premier non si sia scomodato per riferire al presidente della Repubblica (circostanza che ha provocato una discreta irritazione al Quirinale, tanto che il comunicato ufficiale della mattina è stato diramato senza preavvertire palazzo Chigi), Napolitano ha spiegato a Gianfranco Fini e ad alcuni esponenti dell’opposizione che non avrebbe potuto comportarsi diversamente. Il capo dello Stato – si sono sentiti dire – non può fare di più. Non può sciogliere le Camere né costringere il premier alle dimissioni. L’unica arma che il presidente della Repubblica ha a disposizione è quella di costringere Berlusconi ad ammettere che la sua maggioranza ha subito «un vulnus». E che la nuova legge sul rendiconto dello Stato, che ripartirà  dal Senato, dovrà  avere la precedenza su tutto il resto. Tutto qui, a costo di deludere le opposizioni.
La partita si sposta di nuovo a Montecitorio, come il 14 dicembre. Nessuno si aspetta sorprese dalla fiducia, anche se la Camera è ormai diventata “terra incognita” per il Cavaliere. In particolare al premier è giunta voce di un progetto in avanzata fase di gestazione da parte di Fini, Casini e Rutelli, un’operazione che potrebbe causare qualche pericolosa defezione fin dal voto di domani.
L’idea è quella di dar vita a un nuovo gruppo parlamentare, denominato “Terzo polo”, con l’apporto di deputati presi in prestito da Udc e Fli. L’idea è costruire un’arca di Noè per accogliere i delusi di Berlusconi, scajoliani e cani sciolti, che non potrebbero però traslocare direttamente sotto le bandiere di Fini e Casini. Il capogruppo sarà  Santo Versace, appena uscito dal Pdl, mentre hanno già  assicurato la loro adesione i liberaldemocratici Melchiorre e Tanoni, Giorgio La Malfa e Calogero Mannino. Ma ci sarebbero avanzate trattative con tre deputati del Pdl, che già  domani potrebbero annunciare il loro no alla fiducia. Sarà  come dar vita ai Responsabili… all’incontrario.


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