La Lega fa muro sulle pensioni governo sull’orlo della crisi all’Ue solo una lettera di intenti

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ROMA – È una questione di ore. I destini del governo, ma soprattutto quelli finanziari del Paese appesi a un filo. Ma il Consiglio dei ministri chiamato a varare la riforma delle pensioni e le misure per lo sviluppo sollecitate da Bruxelles entro domani si conclude, a sorpresa, con un nulla di fatto. La Lega non ci sta e boccia qualsiasi intervento in materia previdenziale: «Abbiamo già  dato» tagliano corto Bossi e Maroni, su questo punto d’accordo. È lo «scontro finale» titola la Padania, lasciando intravedere lo spiraglio della crisi. Si apre una corsa contro il tempo che preoccupa non poco il Quirinale.
La riunione di governo non viene nemmeno aggiornata ad oggi. Il Cavaliere tenta il tutto per tutto trattenendo Bossi, Maroni, Calderoli, Tremonti a cena a Palazzo Chigi, ma alle 22.30 il Senatur lascia il tavolo, convinto che «le pensioni di anzianità  non si possono toccare, non possiamo far pagare la crisi ai pensionati». A Berlusconi non resta che tornare a Bruxelles con una semplice lettera da consegnare ai vertici comunitari, contenente una serie di provvedimenti da realizzare e i relativi tempi di attuazione. Ma per il momento, nessuna riforma, nessun decreto sviluppo. Basterà  a Barroso, alla Merkel, a Sarkozy? Il fatto è che il Cavaliere non ha trovato una via d’uscita. Quando lo scontro con il leader leghista ha già  infiammato nel pomeriggio il pre-vertice di Palazzo Chigi e paralizzato poi il Consiglio dei ministri, è Gianni Letta a prendere la parola in un passaggio drammatico: «Dobbiamo mettere le misure nero su bianco, altrimenti si rischia di andare a Bruxelles allo sbaraglio». Ma soprattutto, continua, non si può mettere a rischio la tenuta del Paese. Il Senatur non cede però al pressing: «Momento difficile, ma bisogna trovare soluzioni che vadano bene a tutti». Nel chiuso del cdm Bossi giudica «eccessive le richieste europee rispetto alla nostra situazione, c’è un’evidente disparità  rispetto alla Francia, a noi chiedono i miracoli. Le pensioni di anzianità  non si possono toccare, è gente che ha lavorato una vita, le riforme si devono fare ma con giustizia sociale e gradualismo». È il disco rosso che fa saltare il tavolo. E che inchioda al palo la riforma per l’innalzamento dell’età  pensionabile a 67 anni. Si perdono le tracce anche del decreto sviluppo. Si rincorrono solo voci su ben 12 condoni fiscali allo studio e smentiti dal governo. I nodo vero restano le pensioni.
Il quadro si complica per il presidente del Consiglio fin dal primo mattino, in una giornata sempre più concitata. Rientrato dall’imbarazzante Consiglio europeo di Bruxelles – segnato dal siparietto sarcastico Sarkozy-Merkel alle sue spalle – Berlusconi dapprima convoca il ministro dell’Economia e Gianni Letta. Poi sale al Quirinale per illustrare i risultati del vertice europeo e gli impegni che il suo governo vorrebbe assumere per rispettare l’ultimatum. Ma non fa in tempo a lasciare il Colle che da Milano lo stato maggiore del Carroccio gela qualsiasi ipotesi di riforma pensionistica. «Pronti a scendere in piazza» annuncia Rosy Mauro, pretoriana del “cerchio magico”. Anche Maroni è evasivo: «Sentiremo il premier, ma sulle pensioni abbiamo già  dato». Sono le conclusioni alle quali giungerà  da li è a qualche ora lo stato maggiore leghista riunito nel primo pomeriggio in via Bellerio a Milano, prima del Consiglio dei ministri straordinario. Un appuntamento che Palazzo Chigi fa precedere da una nota con la quale Berlusconi passa al contrattacco. Sostiene che nessuno nell’Ue può «dare lezioni ai partner» e che nulla c’è da temere dalla terza economia del Continente che – aggiunge – si appresta «a completare quel che è nell’interesse nazionale». Quindi, lancia un ultimo appello alle opposizioni sulle riforme: «L’insieme della classe dirigente italiana dovrebbe unirsi nello sforzo dello sviluppo e delle necessarie riforme strutturali». Ma da Casini a Bersani viene considerato un invito ormai fuori tempo massimo.


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