La Borsa o la vita, l’obiettivo è la City

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 LONDRA. «When America sneezes Britain catches the cold» (quando l’America starnutisce la Gran Bretagna si busca un raffreddore) recita un proverbio che ben condensa la vicinanza tra due paesi separati dall’Oceano Atlantico, ma uniti dal passato coloniale e da una stretta alleanza diplomatica e militare. Questa volta lo starnuto che arriva dal nuovo continente è quello della rabbia contro la politica di austerità  e quello della passione e determinazione dei manifestanti di #OccupyWallStreet che da quasi un mese presidiano il distretto finanziario di New York.Se la Gran Bretagna si è davvero presa un raffreddore anti-finanza lo si vedrà  quest’oggi quando migliaia di manifestanti prenderanno di mira il London Stock Exchange, la quarta più grande piazza d’affari al mondo, e la prima in Europa, con una capitalizzazione di oltre 3 trillioni di dollari. 13.618 utenti facebook hanno promesso che scenderanno in piazza, sulla pagina dedicata alla protesta. L’appuntamento è per mezzogiorno davanti alla cattedrale di Saint Paul. «Se non fosse stato per le proteste di Occupy Wall Street, credo che qui la gente non si sarebbe mossa», ammette Mark Barrett, uno degli agitatori che ha dedicato gli ultimi mesi a cercare di importare il fenomeno indignados oltremanica. «In molti a sinistra mi ripetevano che non era possibile fare come gli spagnoli o gli egiziani qui nella fredda Londra. Ma adesso che i cugini americani si sono mossi non ci sono più alibi».

Perché occupare la Borsa di Londra?
Il modo in cui siamo arrivati a questa scelta è un esempio della maniera democratica con cui funziona questo movimento. Molti tra quelli che fanno parte del gruppo di coordinamento del 15 ottobre a Londra pensavano inizialmente ad una protesta a Parliament Square o di fronte alla Banca di Inghilterra, come nel 2009. Però a dire il vero erano opzioni un po’ scontate, anche perché erano obiettivi già  battuti ampiamente in occasioni precedenti. Poi è venuta autonomamente fuori una pagina facebook che proponeva invece di puntare sullo Stock Exchange. La cosa ha immediatamente riscosso successo sui social media e abbiamo deciso di sposare la proposta. La Borsa incarna tutto ciò che va male nella nostra economia. È la nostra Wall Street, un posto che ci controlla e che deve essere riportato sotto il nostro controllo.
Democrazia reale è la parola d’ordine di questa ondata di movimenti. Tu come come intendi in concreto questa domanda?
Democrazia reale per noi è prima di tutto democrazia assembleare. Le assemblee sono un punto di confluenza, una sorgente di potere, una proto-istituzione, o una «istituzione del comune» come forse la chiamereste voi italiani. Questo è il punto di partenza: tornare a fare politica dal basso. Ma noi vogliamo pure riformare le istituzioni dello stato così come hanno fatto tante generazioni di attivisti nel passato, come i popolani che hanno costretto il re ad emanare la Magna Charta, come i Levellers e i Diggers del 1600 che si opponevano all’emergere del capitalismo nelle campagne, come le suffragette e gli attivisti socialisti che hanno conquistato il suffragio universale. Ora tocca a noi continuare quel percorso di emancipazione e costruire una democrazia de-centralizzata e radicata nelle comunità .
Il successo degli indignados da Puerta del Sol a Wall Street suggerisce come in molti paesi il disincanto verso il neoliberalismo sia oramai maggioritario. E in Gran Bretagna?
Negli ultimi anni abbiamo assistito a una crescente insofferenza delle persone di fronte a un sistema delegittimato. La crisi finanziaria e gli scandali politici degli ultimi mesi, dal caso Murdoch alle recenti accuse contro il ministro della difesa Liam Fox, stanno svelando che tra i politici non c’è nessuno capace di rappresentare le domande della popolazione. Ora tocca a noi attivisti saper attingere a questa ampia ondata di dissenso. E per fare questo bisogna smetterla con l’autoindulgenza e i comportamenti infantili che in passato ci hanno rinchiuso in un ghetto minoritario. Non è un caso che gli indignados spagnoli abbiano vietato l’alcool nei propri campeggi di protesta. È una regola semplice che manda un segnale di serietà  ai media come alla gente che ci vede per strada.


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