Italia, il caos dei documenti

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Il problema è che dato il numero di domande e il passaggio nei tre appelli di giudizio, ora che si risolve il problema possono passare anche anni”. Con queste parole il responsabile dell’ufficio Immigrazione della Questura di Milano, Giuseppe De Angelis, delinea quello che potrebbe essere il futuro di molti migranti arrivati in Italia: ricorsi in Tribunale, nella speranza di riuscire, aprendo una causa civile, ad ottenere un permesso di soggiorno con cui poter lavorare.

In questo momento, nella sola area milanese, sono 1240 i profughi con in mano un permesso di soggiorno da sei mesi, ormai prossimo alla scadenza. Il foglio non concede la possibilità  di cercare lavoro, anche se secondo la Croce Rossa e l’Ufficio per l’orientamento al lavoro di Rozzano (Milano) non c’era molta chiarezza sulla possibilità  o meno di cercare lavoro, tanto che all’Ufficio hanno emesso duecento 2Dichiarazioni di disponibilità  al lavoro”. “Non credo che ci siano problemi di comunicazione – risponde De Angelis – , perché la legge è chiarissima. Non mi risulta che da un ufficio pubblico ci possa essere stato questo disguido. Anche perché poi che danno ha creato? Quello è un documento solo che dà  la disponibilità  di lavorare, poi serve un datore di lavoro che accetti”. Poi, aggiunge “i migranti di Pieve Emanuele sono stati seguiti fin dall’inizio: la Croce rossa ha un presidio permanente ne residence e non mi risulta che abbiano avuto dubbi”. Quindi, se qualcuno ha alimentato false promesse, è stato chi li aveva in carico.

“Noi volevamo solo dare la possibilità  d’uscire – continua -, muoversi e prendere contatti con il mondo del lavoro”. Ma non cominciare a lavorare e percepire uno stipendio, sia chiaro. “Ma questo avrebbe potuto comunque avvantaggiare i richiedenti in un secondo momento, una volta che la Commissione territoriale si è espressa”. Nessuno è riuscito nell’impresa. Ma era ovvio: se trovare un impiego è difficile per gli italiani, figurarsi per uno straniero che si “prenota” un posto in futuro, quando avrà  i documenti validi. Il risultato è che in questi sei mesi i migranti non hanno potuto fare altro che aspettare.

Giuseppe De Angelis, però, rivendica un grande miglioramento dell’impianto normativo dal 2005, quando è stata introdotta la possibilità  di lavorare alla scadenza dei sei mesi. “Prima non ci si poteva nemmeno provare prima dell’udienza in Commissione. Ci sono state delle migliorie enormi in materia”, ricorda.


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