Il respiro dell’arte per il pianeta

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Gli artisti hanno precorso e accompagnato le rivoluzioni e sono state avanguardie generose sconfitte dagli orrori della storia: nella Grande Guerra furono uccisi Franz Marc e August Macke e con loro «Il cavaliere azzurro», il gruppo creato con Vasilij Kandinsky.
Tralasciando le merci del mercato milionario dell’arte (Damien Hirst per tutti), le opere che oggi hanno un ruolo o documentano il lato oscuro della nostra civiltà  o celebrano la natura, la creatività  umana e la spiritualità . È un nuovo impegno che riporta l’arte all’interno della comunità , stacca l’artista dalla solitudine sofferente, gli restituisce il suo ruolo sociale, non zdanovista, e la sua funzione sciamanica. Le performance dell’americana Dominique Mazeaud sono riti e pellegrinaggi. Per anni, dal 1987 al 1994, una volta al mese ha camminato sulle rive del Rio Grande per togliere rifiuti. Un atto simbolico, un dialogo con il fiume, che la critica d’arte Suzi Gablik analizza con James Hillman in «Conversations Before the End of Time». Robert Smithson, David Nash e Andy Goldworthy hanno dato vita alla Land Art usando i materiali del terreno stesso. Architetti organici e vernacolari progettano da anni edifici e paesaggi con tecnologie adatte.
Seguiamo tre grandi. Per Joseph Beuys, fondatore anche dei Verdi tedeschi e della Freie Universitaet di Berlino, la natura è la forza salvifica matrice e proteggerla significa difendere l’umanità . Lotta per conservare la foresta di Grafenberg e negli anni Ottanta il suo gesto artistico è piantare 7.000 querce a Kassel, in luoghi decisi da cittadini e dagli enti locali. Nel 1984 mette a dimora la prima quercia italiana della Piantagione Paradiso, a Bolognano, nell’azienda agricola che diverrà  un centro d’arte grazie a Buby e Lucrezia De Domizio Burini.
Frans Krajceberg, sopravvissuto all’olocausto, amico di Chagall, Braque e Picasso, lavora dal 1948 in Brasile. È l’artista dell’Amazzonia che brucia. La materia delle sue sculture sono alberi arsi dai fuochi che devastano la foresta pluviale. Una mostra recente per i suoi 90 anni a San Paolo e un sito permanente per un centinaio delle sue «opere vegetali» a Curitiba, città  colta, sociale ed ecologica. Nel 1978 risalì il Rio Negro, viaggio ispiratore del suo «Manifesto» del naturalismo integrale: rinnovare lo sguardo urbano attraverso l’esperienza della foresta amazzonica.
Michelangelo Pistoletto, protagonista dell’Arte povera italiana nata negli anni Sessanta in anticipo sui tempi. È del 1967 la «Venere degli stracci», esposta a Rio de Janeiro nel 1992 in occasione del Summit sull’ambiente. Ultima sua elaborazione è il «Terzo Paradiso», opera della natura e della creatività  umana, nuovo simbolo dell’infinito che rinvia al giardino persiano, luogo di vita felice protetto, e alla Terra-Giardino planetario, per diventare «artefici responsabili del proprio ambiente», in un momento di condizioni catastrofiche che minacciano la sopravvivenza dell’umanità , verso «un nuovo stadio di civiltà ».


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