Il radar migrante

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 Il primo dei nuovi radar anti-migranti della Guardia di finanza era stato installato segretamente lo scorso mese di febbraio nella penisola della Maddalena (Siracusa), una delle aree più importanti della Sicilia sotto il profilo ambientale, paesaggistico ed archeologico. Le vibrate proteste dei residenti e delle associazioni ambientaliste avevano però costretto il Comando delle fiamme gialle prima a sospendere l’attivazione degli impianti, successivamente a individuare un altro sito per re-installare il traliccio di 36 metri e i pericolosi sensori del sistema di sorveglianza costiera. I militari sono stati di parola e da un paio di giorni i tecnici di AlmavivA Spa di Roma, la società  che ha ottenuto l’appalto per l’installazione e la manutenzione dei radar in sud Italia e Sardegna, hanno iniziatole operazioni di smontaggio dell’impianto.

Ad annunciare ufficialmente il dietro front della Guardia di finanza, la ministra dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, siracusana. «Lo spostamento del radar da una zona sottoposta a vincolo paesaggistico e dall’alto valore naturalistico, prospiciente l’Area Marina protetta del Plemmirio, è un risultato importante per tutta la cittadinanza», ha commentato. «Un grazie particolare va alla Guardia di Finanza, che si è dimostrata particolarmente sensibile verso le istanze che stavano alla base della richiesta di spostamento del radar, ed ha cooperato con noi per il raggiungimento di questo risultato». La ministra aveva ripetutamente fatto pesare tutto il suo potere politico per ottenere la rimozione del sistema di rilevamento. In una nota al quotidiano La Sicilia del 27 febbraio 2011, Stefania Prestigiacomo aveva definito un «errore a cui va posto rimedio» la scelta di installare il radar al Plemmirio. «La costruzione di una struttura tanto ingombrante lungo il litorale di un’area marina protetta, che nella stagione estiva è densamente popolata, doveva essere evitata». Parole sacrosante, peccato che la ministra non ha sentito il dovere di pronunciarle pure per i radar d’identica tipologia che la Guardia di finanza chiede d’installare all’interno dei parchi e delle riserve naturali di Puglia e Sardegna. Pugliesi e sardi, figli di un dio minore, hanno dovuto presidiare e bloccare gli ingressi delle aree prescelte ed appellarsi ai tribunali amministrativi per impedire la trasformazione dei territori in orrende postazioni elettromagnetiche per la guerra alle migrazioni. «Possiamo rassicurare tutti che il nuovo impianto sarà  realizzato all’esterno del comune di Siracusa», hanno annunciato amministratori e fiamme gialle.
Top secret il luogo dove risorgerà  il traliccio radar. Negli ultimi mesi sono state fatte alcune ipotesi. L’Associazione degli industriali di Siracusa ha avuto l’ardire di proporre l’utilizzo di un camino o una torre nella zona industriale e del petrolchimico di Augusta-Priolo (una delle aree più inquinate di tutto il Mediterraneo), per poi scoprire che le emissioni elettromagnetiche del radar avrebbero potuto avere pericolose conseguenze per le strumentazioni di controllo degli impianti ospitati. Sempre la ministra Prestigiacomo si era detta disponibile ad offrire l’area della Ved (Vetroresina Engineering Development di Melilli), l’azienda di famiglia produttrice di tubi e cavi sottomarini. È probabile, però, che alla fine il nuovo sensore della Guardia di finanza verrà  installato in una delle tante aree sottoposte a servitù militare della fascia costiera sud-orientale compresa tra il Golfo d’Augusta, Pachino e Capo Passero.
«Piena soddisfazione» per l’avvio delle procedure di rimozione del radar è stata espressa da Alessandro Acquaviva, coordinatore del circolo Sel di Siracusa. «Tale risultato è il frutto di una lunga mobilitazione della cittadinanza, delle associazioni ambientaliste, di quelle forze politiche che hanno sostenuto sin dall’inizio la protesta dell’associazione Plemmiryon che si è sviluppata attraverso sit-in, presidi, volantinaggi e assemblee». Secondo Acquaviva, «a condizionare la decisione di rimuovere il radar è stato anche l’esito favorevole dei recenti ricorsi presentati dai comitati civici della Puglia e della Sardegna contro l’installazioni di radar nei rispettivi territori». L’associazione Plemmyrion di Siracusa aveva evidenziato in particolare la «sorprendente velocità » con cui gli enti preposti avevano consentito l’istallazione di «un mostro ad altissima frequenza con onde elettromagnetiche che attraverseranno tutto il territorio della Penisola Maddalena, di Ortigia, cuore della città  di Siracusa, delle zone residenziali di Fanusa, Arenella e Ognina». L’ex presidente Marcello Lo Iacono aveva rilevato che la Sai 8, consegnataria per la gestione del pubblico acquedotto di Siracusa, aveva autorizzato le fiamme gialle a costruire la stazione di rilevamento in un «luogo difforme alla convenzione del Comune che invece faceva riferimento all’impianto di sollevamento fognario di Capo Murro di Porco, distante 2 km. Il radar è stato realizzato non rispettando né l’area stabilita di 88 mq né le distanze dai confini riscontrabili sulla pianta del progetto».
L’installazione è poi avvenuta senza che il progetto fosse sottoposto a valutazione dell’incidenza ambientale, come invece previsto dalla direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche. «Manca inoltre uno studio sull’impatto elettromagnetico», aggiunge Lo Iacono. «L’amministrazione militare si è limitata a presentare una dichiarazione di conformità  redatta dall’ingegnere Gianpaolo Macigno di Siracusa, consulente tecnico della società  appaltatrice, che ha tratto delle conclusioni manifestamente insufficienti a comprovare la non pericolosità  delle radiazioni emesse dal radar. Peraltro le asserite misurazioni sono state effettuate prima ancora che esso venisse attivato. Lo stesso consulente precisa che si tratta di mere simulazioni numeriche e che solo a radar attivo si potrà  valutare la reale situazione e accertare la conformità  ai parametri di legge».
I dispositivi radar per la rete di rilevamento anti-migranti sono stati prodotti da Elta Systems, società  interamente controllata dal colosso industriale militare ed aerospaziale israeliano Iai. Codificati comeEL/M-2226 ACSR (Advanced Coastal Surveillance Radar), fanno parte della famiglia di trasmettitori in X-band (dagli 8 ai 12.5 GHz di frequenza), che operano emettendo un’onda continua sinusoidale (CW Continuous Wawe), di cui può variare sia la frequenza che l’ampiezza. A rilevare la pericolosità  e alcune incongruenze tecniche degli apparati è stato il professore Massimo Coraddu, ricercatore dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), dopo uno studio dettagliato delle analisi d’impatto elettromagnetico presentate dalla società  Almaviva per gli impianti di Siracusa e Gagliano del Capo (Lecce). «Esistono notevoli incertezze riguardo all’esatta modalità  di funzionamento del radar, dovute all’incompletezza delle analisi e a incoerenza con quanto riportato dal costruttore», afferma Coraddu. «Gravi incongruenze si rilevano nella documentazione riguardo l’ampiezza verticale del fascio e il guadagno d’antenna. La mancata conoscenza del diagramma radiante dell’antenna e della sua esatta forma fisica, non consente una precisa valutazione numerica delle emissioni, né in condizioni di campo vicino, né nell’approssimazione di campo lontano». «Elta Systems specifica che l’impianto consente la sorveglianza dello spazio marino antistante, che viene esplorato sistematicamente, individuando eventuali bersagli e risolvendoli con grande precisione spaziale e temporale», aggiunge il fisico. «Tali caratteristiche sembrano in contrasto con quanto dichiarato nella relazione dell’ing. Macigno, dove la velocità  di rotazione è considerata costante e dove l’angolo d’inclinazione del radar rispetto alla superficie del mare è posto pari a 0°. Per il fatto che quest’angolo sia fissato sull’orizzonte e tenendo conto che si trova ad un’altezza maggiore di 100 metri, si viene a creare una zona d’ombra che non permetterebbe d’ispezionare la porzione di superficie marina più vicina alla costa che, secondo la diversa altezza delle sorgenti, può variare dai 200 ai 2.300 metri di distanza dal radar». A Coraddu, poi, sembra poco probabile che il radar possa valutare direzione, velocità  e numero di persone a bordo di una piccola imbarcazione a 20 km di distanza, come invece assicura la società  produttrice, «scansionando semplicemente a velocità  di rotazione costante il tratto di mare antistante». «È verosimile invece che la velocità  sia costante solo in fase di sorveglianza, mentre nel momento in cui un bersaglio viene individuato, il dispositivo possa essere bloccato e il fascio puntato e mantenuto sul target per tutto il tempo necessario alla sua completa definizione. Per tutto questo tempo il bersaglio sarà  irraggiato con continuità  e questa durata è quindi fondamentale per determinare la dose assorbita. Questo caso, nella valutazione del possibile danno alle persone, deve essere individuato come peggior incidente possibile».
Massimo Coraddu denuncia come le misurazioni dei campi elettromagnetici siano state effettuate utilizzando la sonda isotropa EP330, fabbricata dalla Narda Srl, che registra campi sino alla frequenza massima di 3 GHz, mentre il radar è programmato per emettere a frequenze molto superiori. «Non si è tenuto conto di tutti i contributi alle emissioni, nonostante le normative prevedano che le valutazioni vadano effettuate con tutte le sorgenti in funzione alla massima potenza», aggiunge Coraddu. «Le stazioni di sorveglianza prevedono anche un dispositivo di telecomunicazione, un ponte radio, per inviare i dati in tempo reale al centro di comando, controllo, comunicazioni, computing ed informazioni C4I del Comparto aeronavale della Guardia di finanza. Le emissioni di questo sistema Tlc devono quindi essere valutate e sommate a quelle del radar vero e proprio. In entrambe le analisi di impatto elettromagnetico non si è tenuto conto in alcun modo del contributo del ponte radio per le telecomunicazioni». Radar anti-migranti dall’insostenibile impatto elettromagnetico, dunque, pericolosissimi per la salute dell’uomo e per le specie vegetali e animali.
Ulteriori ombre sulla nuova rete di sorveglianza costiera della Guardia di finanza sono state paventate da alcuni parlamentari del Pd. Con un’interrogazione presentata lo scorso 7 marzo alla Camera, prima firmataria l’on. Elisabetta Zamparutti, si sottolinea come l’asse del Pon 1 con cui la Comunità  europea ha finanziato l’acquisto dei radar in Israele «prevede indicazioni di sostenibilità  ambientale« e «riguarda la sicurezza in termini di inclusione sociale, di lotta alla criminalità  organizzata che sfrutta il lavoro nero a danno degli immigrati, ecc. e non in termini di priorità  di tipo militare». «Parlare di difesa nazionale per il monitoraggio degli sbarchi clandestini sembra incongruente», affermano gli interroganti. «Chiediamo se non si ritenga di bloccare i fondi per la realizzazione di un’opera il cui affidamento è avvenuto in contrasto con la normativa europea che prevede un bando pubblico di gara per affrontare i problemi legati all’immigrazione secondo una logica inclusiva e non di difesa militare».


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