Il messaggio di Bossi: si vota quando lo diciamo noi

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La novità  vera, in effetti, è proprio quella. Giovedì sera il leader leghista era a cena al Tempio di Iside, a due passi dal Laterano. E ai suoi, l’ha detta che più chiara non si può: «Ma noi dobbiamo tenere in piedi il governo per mettere le tasse? No, no… Andiamo a votare e la gente sceglie». Tanto più che nel Carroccio si va facendo strada la consapevolezza che il decreto sviluppo «a saldi invariati» rischi di trasformarsi nel migliore dei casi in acqua fresca, nel peggiore in un altro boomerang con nuove categorie che insorgono contro il provvedimento. Con il ritorno alle urne, è vero, la Lega probabilmente non sarà  in grado di replicare il successo elettorale del 2008. Ma Bossi, anche ieri, ha contemplato con un certo compiacimento le difficoltà  del Partito democratico e dell’opposizione in genere. E ha cominciato a ritenere che la partita, comunque, la Lega se la possa giocare. Né peraltro, il Carroccio si nasconde l’altissima probabilità  che il governo vada clamorosamente sotto in altre occasioni: «Martedì — spiega un deputato — ci sono gli ordini del giorno sul trasporto locale. Senza la mobilitazione di un voto di fiducia, siamo sicuri che la maggioranza ce la farà ?». Insomma, resta solo da attendere: «Se il governo cade adesso, Napolitano potrebbe inseguire il governo tecnico. A gennaio-febbraio, si vola alle urne».

Ma a tenere il Carroccio sulla graticola resta la questione interna: i rapporti tra le diverse anime del movimento restano tesissimi. Anche e soprattutto a Varese, là  dove il movimento è nato. Ieri il sindaco della città , Attilio Fontana, da sempre vicino a Roberto Maroni, ha scritto al neo segretario provinciale, quel Maurilio Canton designato al termine di un congresso a tratti drammatico. Scrive il primo cittadino di essere rimasto di stucco nell’apprendere dalla lettura dei giornali che «il mio nome sarebbe stato inserito in “una lista di epurandi” e rischio l’espulsione dalla Lega». Fontana chiede dunque delle «spiegazioni». O meglio: «Una smentita ufficiale, dal momento che mi auguro sia una falsa informazione». Fontana ricorda un appuntamento preso con Canton a cui quest’ultimo ha dato buca: «Non vorrei pensar male… ». E conclude con il fuoco d’artificio: «Ho ricevuto proprio in questo momento una telefonata del ministro Maroni, che si sente offeso dal non essere stato inserito in questa ipotetica lista, al numero 1!». Canton ha risposto attraverso il sito di Varese news: «Ad Attilio, che è un mio grandissimo amico e resta il nostro sindaco di riferimento, dico con assoluta serenità  che non esiste alcuna lista e che dunque lui non è in alcuna lista di epurandi. E nemmeno lo è il ministro Maroni».

Quanto al Veneto, le fibrillazioni riguardano il sindaco di Verona, Flavio Tosi. Che a dispetto degli ordini di scuderia l’altra sera è tornato a chiedere il passo indietro di Silvio Berlusconi. Nel marasma, l’unica isola felice resta tutto sommato il Piemonte di Roberto Cota. Mentre le apprensioni per un possibile consiglio federale di lunedì, a ieri peraltro non convocato, tengono il movimento in tensione.


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