Il debito italiano declassato di 3 gradini «Paese vulnerabile»
NEW YORK — Dopo Standard & Poor’s, tocca a Moody’s. E quella dell’altra grande agenzia di «rating» è una bocciatura tripla: abbassamento del «voto» dell’Italia da Aa2 ad A2 e “outlook” negativo che potrebbe portare in un futuro non troppo lontano a un ulteriore declassamento del nostro Paese. Per i titoli a breve termine il voto rimane a Prime-1. Rispetto a quello di S&P, qui il giudizio sull’inadeguatezza dell’attività di governo pesa meno: la manovra correttiva appena varata non viene valutata negativamente, ma si ritiene che sarà difficile da concretizzare, mentre i suoi frutti matureranno solo tra molto tempo.
L’Italia paga le sue gravi debolezze strutturali mai corrette che, nell’improvviso peggioramento delle condizioni dell’intero continente europeo, la rendono particolarmente vulnerabile. Le azioni avviate potranno anche produrre qualche risultato strutturale, ma ci vorranno anni. Per ora, quindi, la bocciatura è inevitabile: «Il rating A2» spiega Moody’s, «indica che il rischio di “default” dell’Italia rimane remoto. E tuttavia riteniamo che il peggioramento delle prospettive di finanziamento del debito in tutta l’area dell’euro renda questo Paese incompatibile con la categoria di “rating Aa” perché l’Italia è ormai molto vulnerabile nei suoi tentativi di raccogliere credito a tassi accessibili».
Un colpo duro ma non inatteso quello arrivato nella tarda serata di ieri da Francoforte, dove ha sede l’unità di analisi economica dei «rating» dei debiti sovrani dell’agenzia americana. La procedura di revisione della posizione del nostro Paese era iniziata il 17 giugno scorso e le voci di un imminente declassamento avevano cominciato a circolare vorticosamente a metà settembre, nel bel mezzo della tempesta finanziaria che ha colpito l’Europa e le sue banche più esposte con la Grecia.
Allora Moody’s aveva temporeggiato, forse anche su pressioni dei governi (si è parlato di interventi europei e, forse, anche degli Usa) finendo per rinviare a ottobre le sue decisioni. Che arrivano ora, in un momento che rimane ancora di emergenza, con le prospettive per l’Europa sempre cupe. Ma, dopo le fibrillazioni estreme di due settimane fa e le animate discussioni tra i partner occidentali ai vertici svoltisi a Washington in occasione dell’assemblea del Fondo monetario internazionale, adesso i governi dell’«Eurozona» sono alla ricerca di un meccanismo finanziario che consenta di proteggere il sistema finanziario — a partire dalle banche più esposte — in caso di estensione del “contagio greco” a Spagna e Italia.
Nella sua nota, oltre che sulle incognite della manovra di governo e sulle debolezze del processo politico, “Moody’s” insiste su due considerazioni fattuali: la crescente fragilità dell’area della moneta unica che rende oggettivamente più difficile la vita di un Paese il cui Tesoro nel 2012 dovrà raccogliere sul mercato oltre 200 miliardi di euro. E poi le fragilità strutturali dell’economia italiana — dalla bassa produttività alle rigidità nei mercati e nel fattore-lavoro — che per un intero decennio hanno impedito all’Italia di conseguire risultati pari alle sue potenzialità . Problemi strutturali impossibili da rimuovere rapidamente. Le riforme del governo hanno appena iniziato ad affrontare alcuni di questi nodi. Ci vorrà molto tempo prima che siano applicate con efficacia.
Quanto al debito pubblico, salirà fino al 120% del Pil e il consenso politico necessario per realizzare tagli aggiuntivi di spesa tali da mantenere un “surplus” primario compatibile con una politica di rientro, «sarà difficile da conseguire».
Related Articles
Scuola, universitari in corteo in tutta Italia
Numerose le manifestazioni di protesta indette in tutte le città Mussi: “La ricerca è centrale per il Paese”
Stipendi, manovra meno forte ora i conti non tornano aumenti massimi di 75 euro
Fatti e rifatti i calcoli, lo stipendio cresce di 75 e non 175 euro, come indica il governo
Articolo 18, un valore per tutti
L’articolo 18 della legge 300/1970 è stato considerato per molti anni come il simbolo della giustizia sociale, in fabbrica e fuori