Il cuore delle Cinque Terre non c’è più

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MONTEROSSO (La Spezia) — Affacciati alle piccole finestre delle case antiche, i vecchi di Monterosso guardano il fiume di fango che corre verso il mare. La strada, via Roma, non c’è più. Monterosso non c’è più, dice il sindaco Angelo Betta. Al posto della strada il fango, i lampioni spuntano surreali per qualche spanna da due metri di terra, le insegne dei ristoranti e dei negozi sono ad altezza del ginocchio. I vecchi sono prigionieri nelle loro case, i portoni pieni di fango e detriti. «Portime i me’ strassi», dice una vecchina dalla sua finestrella: chiede i suoi abiti. È scappata in alto quando è arrivata la piena, ma tutte le sue cose sono state inghiottite dalla bomba d’acqua e terra. Un’altra donna le porta i vestiti puliti, la vecchina cala un cestino con la corda: è così che gli anziani, qui, facevano la spesa quando le gambe non li reggevano più per le ripide scale delle strette case liguri.
La Monterosso di Montale, la cui villa, la «pagoda giallognola», sta solitaria (e salva) a Punta Mesco, è stata violentata dalla furia di questi rii di cui neanche si conosce il nome, «lo chiamiamo rio di valle» spiega un uomo. E c’è chi spiega che sotto via Roma un altro torrente era stato interrato e ora ha riguadagnato la luce, via Roma è esplosa come colpita da un pugno. Ecco il ristorante il Pozzo, qui martedì sera diciassette canadesi erano a pranzo. Si vede solo l’insegna, rasoterra; è pieno di detriti. I canadesi hanno fatto a tempo a rifugiarsi all’hotel Margherita. Come Terry, l’americano che viene da New Orleans e che racconta: «Siamo scampati a Katrina e mai avremmo pensato, in questo paradiso, di avere di nuovo paura».
Monterosso è un paese sotto choc. Le persone hanno poche parole, sguardi perduti, percorrono i carruggi allagati con le mani vuote, impotenti davanti al disastro: «Almeno ci avessero portato delle pale. Non abbiamo niente per scavare», dicono. Alto, grosso, u’ Queirolu, il Queirolo, il piccolo imprenditore di Levanto che unico è arrivato fin qui caricando le sue ruspe su un carrello delle ferrovie, manovra la scavatrice dove prima c’era la spiaggia: «Ecco — dicono i monterossini — c’è solo lui a lavorare, ruspe della Protezione civile non ne abbiamo viste. Avevano detto che veniva l’esercito e la marina. Non è venuto nessuno». In via XX Settembre c’è una ragazza che un po’ piange e un po’ urla la sua disperazione: il marito, Sandro Usai, 39 anni, cameriere e volontario della Protezione civile, è sparito da martedì pomeriggio travolto dalla piena. «Chiamate i cani, scavate, trovatelo!», implora. I carabinieri, in due hanno una sola pala, la guardano e non sanno cosa dire. Un volontario la abbraccia: «Elena, non fare così. Adesso, vedrai, arriva l’elicottero».
L’elicottero pattuglia il mare. Un’ora fa era stato annunciato il ritrovamento di un corpo, il vicesindaco Marisa Cebrelli era corsa a prendere delle lenzuola bianche e si era fermata sul molo, in attesa. Era un falso allarme. Ieri notte il corpo di Sandro non era ancora stato restituito dal mare o dal fango. «Dicono che l’hanno visto finire in mare e che gridava aiuto, ma io non so più cosa credere» dice il padre di Elena, Franco. È arrabbiato: «Che senso ha fare i volontari? Andare allo sbaraglio? Morire così?».
A Monterosso, isolata, si arriva dal mare, e Monterosso si lascia sempre via mare. Le colline delle Cinque Terre viste dal battello della Capitaneria di Porto sono sfregiate da frane vecchie e recenti, come cicatrici, finiscono in mare con il loro carico di terra e acqua perché non trovano alcuna barriera a rallentare la loro corsa.
A Vernazza un altro sindaco, Vincenzo Resasco fa i conti con il suo paese distrutto. Vernazza è piccolissima, in pratica solo una strada che dalla ferrovia porta alla spiaggia, dominata dalla chiesa. Anche qui tre, quattro metri di fango. Niente acqua potabile e la cisterna del gas è stata trascinata in mare: «Mi chiedo — dice — se non sia meglio evacuare tutto il paese…». Intanto arriva un vigile del fuoco e sussurra: «Quello non se ne vuole andare, sindaco. Cosa facciamo? Un ricovero coatto?». È l’ennesimo anziano che si rifiuta di abbandonare la sua casa, anche se è costretto sul terrazzo, perché è piena di fango. «Come si fa — dice il sindaco —, è solo e malato, ha il diabete, in casa non c è elettricità  né acqua…». L’elicottero romba sulle case e scarica su quella che era la spiaggia un carico di bombole di gas e acqua minerale. I negozi sono sotto due metri di fango. «Lì sotto — dice Giovanni — forse c’è il gelataio». L’hanno visto aggrappato alla sua insegna, quando è arrivata l’onda. Così come l’uomo del negozio dei souvenir, e un’anziana signora. Spariti. Dispersi. Nessuno vuol dire «morti».


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