Il comunismo che vogliamo? I beni comuni

by Sergio Segio | 15 Ottobre 2011 7:00

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(…) Diranno che siamo violenti, che il nostro linguaggio, l’occupazione stessa, sono violenti… Sì siamo violenti, ma come lo era il Mahatma Gandhi. Siamo violenti perché vogliamo fermare l’attuale corso delle cose – ma cos’è una violenza puramente simbolica quando paragonata alla violenza necessaria per sostenere il funzionamento indisturbato del sistema capitalistico globale?
Ci hanno chiamato perdenti. Ma i veri perdenti non sono quelli che a Wall Street hanno dovuto essere soccorsi da centinaia di miliardi di denaro vostro? Vi chiamano socialisti – ma in Usa c’è già  un socialismo, per i ricchi. Vi diranno che non rispettate la proprietà  privata. Ma le speculazioni di Wall Street che hanno portato al crash del 2008 hanno eliminato più proprietà  privata di quella che potremmo distruggere noi se ci mettessimo, tutti insieme, giorno e notte. Pensate alle migliaia di case confiscate…
Non siamo comunisti, se per comunismo si intende il sistema giustamente collassato nel 1990 – basta ricordare che i comunisti ancora al potere tengono le redini del capitalismo più spietato. Anzi, il successo del capitalismo gestito dai comunisti in Cina è proprio il segno incombente di come il matrimonio tra capitalismo e democrazia sia sulla strada del divorzio. L’unico senso in cui siamo comunisti è che teniamo ai beni comuni – della natura e della conoscenza – minacciati dal sistema.
Vi diranno che state sognando, ma i veri sognatori sono coloro che pensano che le cose possono andare avanti indefinitamente come sono, con qualche cambiamento di superficie. Non siamo dei sognatori, ma rappresentiamo il risveglio da un sogno che si sta trasformando in incubo. Non distruggiamo nulla, ma siamo i testimoni di come il sistema si stia gradualmente distruggendo. (…) Ma il cambiamento è veramente possibile ? Il possibile e l’impossibile, oggi, sono distribuiti in modo strano. Nei domini delle libertà  individuali e della tecnologia scientifica, l’impossibile sta diventando gradualmente sempre più possibile (o così ci dicono). «Nulla è impossibile»: possiamo goderci il sesso nelle sue versioni più perverse; possiamo fare il download di interi archivi di musica, film e serie tv; chiunque abbia i soldi può viaggiare nello spazio; possiamo aumentare le nostre capacità  fisiche e psichiche intervenendo sul genoma… Fino al sogno tecno-agnostico di diventare immortali trasformando la nostra identità  in un programma di software. Ma nei domini delle relazioni sociali ed economiche siamo costantemente bombardati da «Non si può»… Non si può impegnarsi in gesti politici collettivi (perché portano inevitabilmente allo spettro del totalitarismo), o difendere il vecchio Stato sociale (perché ci rende non competitivi e porta alla crisi economica). Oppure ci dicono semplicemente che «bisogna fare così». Forse è venuto il momento di capovolgere le coordinate di quello che è possibile e impossibile. Forse non possiamo diventare immortali ma possiamo ottenere più solidarietà  reciproca, e l’assistenza sanitaria.
* Testo tratto dal discorso tenuto qualche giorno fa ai manifestanti di Zuccotti park, a New York

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