Il comico miliardario che chiede l’elemosina per i bambini di Fidel

by Sergio Segio | 13 Ottobre 2011 6:41

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NEW YORK. La gente si ferma al semaforo e lui porge il giornale, in verità  gratuito, che ha raccattato da qualche parte, giusto per non allungare la mano nuda chiedendo l’elemosina. E del resto: come fai a passare oltre a quel vecchietto che ti sorride e ha sempre la battutina pronta? Nel cuore di Manhattan, lì all’incrocio tra la Terza Avenue e la 35esima strada, ormai lo conoscono tutti. O almeno credono. Perché quello scricciolo di 97 anni non è il disperato che sembra: ma un ricco signore che svoltato l’anno conta gli spiccioli raccolti nel salotto della sua bella casa da 3milioni e mezzo. E allora chi è: l’ultima incarnazione dell’avarissimo zio Paperone?
Macché: il suo nome è Irwin Corey ma tutti, ai suoi tempi, lo conoscevano come “Il Professore”. Un comico: voce nota della radio, volto noto del teatro, omaggiato perfino da Woody Allen nella “Maledizione dello scorpione di giada”. E perché fa la questua? Non è mica per lui. È il suo modo di fare beneficenza: così raccoglie più di 100 dollari al giorno da destinare ai bambini di Cuba.
Sì, il Professore è un comunista, o almeno ai tempi lo era, tant’è che dice di aver anche patito, negli anni della caccia alle streghe, l’emarginazione. Ha casa ha le foto con dedica di Fidel Castro: «Con ammirazione, gratitudine e affetto». Un comunista, allevato alla scuola di quei fratelli che si chiamavano d’altronde Marx, ancora convinto che le rivoluzioni si fanno scendendo in strada. La gente che lo prende per un questuante non lo sa. «Aiutate questo povero vecchio!». In realtà  è l’ennesima beffa di questo commediante che nell’America un po’ sorda di oggi – tarda perfino ad ascoltare le grida dei ragazzi accampati da un mese a protestare sotto a Wall Street – ha capito che qualche trucco val bene un’opera buona.
Cuba, si sa, è ancora un nemico per gli yankees e così – ammette il vecchio Irwin al New York Times – «io non dico a chi va davvero l’elemosina». Certo: verrebbe da chiedersi perché, per esempio, il Professore non mette mano direttamente al suo portafoglio invece di immolarsi nel traffico come un clochard qualsiasi prima di rinchiudersi nella magione di Sniffen Court, con Claudia Schiffer e Lenny Kravitz vicini di casa. La sua risposta è semplice: «A me piace dare una mano alla gente», dice. Ricordando di aver vissuto, lui classe 1914, quella Grande Depressione che gli ha inculcato «l’etica del lavoro». «La corruzione regna a Washington!» c’è scritto sul cappello da baseball con cui ora si esibisce per strada: lui che a quell’età  viene ancora chiamato a tenere applauditissimi show nei teatri di provincia.
Che vita. Era ancora in fasce quando i genitori lo lasciarono alla Casa per gli orfani ebrei di Brooklyn. A fare il pagliaccio ha cominciato proprio lì: per far ridere gli orfanelli come lui. Adesso è rimasto ancora una volta solo: Fran, la moglie con cui ha diviso gli ultimi 70 anni, è morta a maggio. «Anche per questo vendo i giornali per strada», dice: «Mi distoglie dalla solitudine». Poi allunga ancora la mano verso il finestrino, c’è un automobilista che lascia cadere l’ennesima monetina: e sembra quasi di sentirlo – come nelle favole di un tempo – il “pliing!” dall’altra parte dell’America, che illumina il sorriso di un bambino.

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