Il Cavaliere ordina la guerra totale “E sulle intercettazioni non mollo”
ROMA – È sera quando, ad Arcore, prevale la linea dell’affondo totale contro le toghe. Cadono le esitazioni sulle intercettazioni, che pure hanno tenuto banco per tutta la giornata. Berlusconi, con accanto Alfano e Ghedini, rompe gli indugi: «Non possiamo rinviare, se lo facessimo direbbero che abbiamo paura. E noi non abbiamo nessuna paura. Contro i magistrati ho tutti con me, anche Scajola». Le telefonate lo hanno rassicurato, l’ex ministro non ha nessuna intenzione di fare questo regalo ai pubblici ministeri: sulle intercettazioni andrà fino in fondo, almeno per ridimensionarle – se non per stroncarle – visto che la legge, come dice tuttora il premier, «è all’acqua di rose». L’ordineè dato, si va avanti con gli emendamenti del relatore Enrico Costa. Sfidare Casini, metterlo in difficoltà , perché, come ragiona Berlusconi, «sarà dura per lui votare contro un provvedimento su cui tutti i suoi sono d’accordo». Fanno la conta dei voti, di quelli eventualmente segreti. E il Cavaliere è convinto che, proprio su quelli, la maggioranza potrebbe conquistarsi una sorpresa positiva. Vende ottimismo, come nei suoi momenti migliori. Per certo di più di Alfano e Ghedini, che invece qualche dubbio e preoccupazione la conservano. Il Guardasigilli Palma addirittura vorrebbe dirottare il testo u un binario morto. Dal summit di Arcore invece arriva la conferma che la fiducia non verrà messa.
Non solo non la vuole il Colle, ma comunque sarebbe troppo rischiosa qualora, su qualche votazione a scrutinio segreto, si dovesse andare sotto. Si tenta l’affondo tra mercoledì e giovedì.
Non è certo il primo attacco articolato contro i magistrati quello che si sta giocando in questo 2011.
Per certo, dopo i tanti susseguiti dal ’94 a oggi, è quello che si allarga su più tavoli. L’ha voluto così Berlusconi. Che ha in mente una strategia precisa. Innanzitutto uscire subito dal processo Mills.
Per questo serve la prescrizione breve, che nei prossimi due giorni sarà votata in commissione al Senato. Subito dopo verrà calendarizzata in aula. L’iter della prescrizione ha pesato sulle intercettazioni. Ha giocato contro l’idea del rinvio. Che, appunto, pure il Guardasigilli Palma ha sponsorizzato. Ci si è resi conto però che, mediaticamente, proprio il grande caos degli ascolti alla Camera, ha il vantaggio di oscurare la prescrizione breve al Senato, e ne rende il cammino meno esposto.
Dalla prima idea, la prescrizione, alla seconda, le intercettazioni. Ha vinto la linea di Ghedini, del «comunque è meglio questo che niente». Ribadita ancora ieri: «Presidente, dammi retta, non è la migliore legge possibile, ma è un freno ai pm e ai giornalisti, votiamola». Il piatto della bilancia con l’ipotesi del rinvio è scivolato sempre più in basso, schiacciato dal ragionamento che bloccare la discussione a Montecitorio, mettere addirittura la legge di nuovo sul binario morto, sembrerebbe per quello che è, «una resa totale».
Meglio spingere sul compromesso e aprire contraddizioni all’interno del Terzo polo. Mandato pieno a Costa. Una corsa alla mediazione per sfidare la mediazione della Bongiorno. E vedere che succede. Già Costa va dicendo: «Vedete? Dicono no soltanto per partito preso. Le mie proposte su udienza-filtro, carcere ai giornalisti, tribunale collegiale e blog saranno migliori di quelle della Bongiorno, ma continuano a dire di no ugualmente».
Ma stavolta, per imbavagliare le toghe, non ci sono solo le leggi ad personam, c’è pure l’aggressione in loco, come ai tempi in cui era Guardasigilli Filippo Mancuso, e gli ispettori viaggiavano alla volta di Milano contro il vecchio pool Mani pulite. Come ai tempi del leghista Roberto Castelli, quando ancora gli 007 di via Arenula mettevano assieme il dossier sul famoso fascicolo 9520, quello che riguardava Previti. Adesso ci sono Bari e Napoli nel mirino. Al ministro della Giustizia Nitto Palma, un ex toga, l’ispezione era stata chiesta da settimane. Per Bari soprattutto. Lì dove il Cavaliere rischia di più. Dove le pedine vanno mosse cum grano salis. Dove non sono ammessi errori. Il premier ha dato quest’ordine: «Non fatemi trovare di fronte ad altre sorprese. Dopo Milano, non reggo un altro processo sulle ragazze.
Fate in modo che ne rimanga fuori». Troppo grave l’ipotesi fatta dal tribunale del riesame di Napoli, quella di un capo del governo che induce l’uomo che gli procura le donne, Tarantini, a rendere falsa testimonianza. Bisognava lanciare un messaggio preciso. Cui Palma si presta. Con il suo capo degli ispettori, il napoletano Arcibaldo Miller, nome ipotizzato come candidato per le regionali prima e per sindaco di Napoli poi. Finito poi nell’inchiesta P3.
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