Il Cavaliere ora si sente sul Titanic “Nuovo programma e avrò la fiducia”

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ALLA fine il temuto «incidente» parlamentare, la votazione che rompe la crosta sottile di ghiaccio e fa affondare il governo, si è verificato. Berlusconi, stavolta più affranto che arrabbiato, teme che sia arrivata davvero la fine. Dopo un breve colloquio con Giorgio Napolitano, lasciando Montecitorio al termine della sua giornata più lunga, il premier prova a sdrammatizzare per non offrire l’immagine di un leader a terra.

«SI PUà’ rimediare, vedrà  che rimedieremo – risponde al giornalista che gli chiede come farà  stavolta a cavarsela – , noi dobbiamo andare avanti e votare di nuovo. Votare la fiducia per dimostrare che è stato solo un incidente». Detto fatto, è proprio questa la decisione che uscirà  fuori a tarda notte dal gabinetto di guerra riunito a palazzo Grazioli. Nuove dichiarazioni programmatiche di Berlusconi in Parlamento, forse oggi stesso o domani, con un voto di fiducia che rilegittimi il governo «e blocchi le manovre strumentali dell’opposizione». Il Cavaliere è convinto di avere dalla sua parte Napolitano: «Anche il capo dello Stato è preoccupato per i contraccolpi di una crisi sui mercati internazionali.

Capirà ». Quanto al rendiconto dello Stato, il Consiglio dei ministri approverà  nuovamente il testo e lo sottoporrà  alla Camera ex novo. Per capire se siamo davvero ai titoli di coda, è utile però riavvolgere il film della giornata dalla prima scena. In un corridoio del palazzo, a pochi minuti dal crac che ha mandato sotto il governo, il premier incrocia l’arcinemico Gianfranco Fini. L’umore è talmente sottoi tacchi che persino quella del presidente della Camera diventa una spalla su cui piangere: «Allora Gianfranco, adesso che possiamo fare? Come ne usciamo?». Fini lo scruta perplesso, incrocia lo sguardo con quello di Gianni Letta, ombra silenziosa al fianco del Cavaliere, e non fa sconti: «Mi dispiace Silvio, tutto è possibile. Ma contro la logica non si può andare.

Vedremo domani in giunta». L’appuntamento di questa mattina con la giunta del regolamento della Camera, chiamata a dirimere il rebus giuridico della bocciatura del rendiconto 2010 dello Stato, non sarà  affatto una passeggiata.

Da qui la cautela di Fini. Intanto sono le opposizioni ad avere la maggioranza nell’organismo e questo non tranquillizza il premier. Così come lo preoccupano le frasi minacciose dell’ex presidente della Camera Casini, che ieri ha ricordato i precedenti funesti di analoghe bocciature. «Se ricordo bene sia Goria che Andreotti si dimisero».E Berlusconi teme «strani scherzi» per metterlo con le spalle al muro. Un parere negativo della Giunta, osserva preoccupato un consigliere del premier, potrebbe infatti offrire a Giorgio Napolitano «il pretesto» per intervenire direttamente nella vicenda. Magari richiamando al Colle il capo del governo per fargli prendere atto della liquefazione della maggioranza.

Berlusconi conterà  pure sulla sponda del Quirinale, ma in ogni caso il Pdl ha deciso il contropiede, invocando subito un nuovo voto di fiducia che blindi il governo.

E tuttavia la malattia che corrode il centrodestra e porta la maggioranza ad auto-affondarsi è appunto «illogica», come dice Fini, non razionale. Lo dimostra la furia cieca con cui il premier se la prende contro tutto e tutti, accomunando Scajola e Maroni, Tremonti e i Responsabili. In cima alla lista dei sospettati c’è sempre Giulio Tremonti, reo di non aver votato il “suo” provvedimento. L’aula di Montecitorio ieri si è trasformata in un’arena di gladiatori, tanto che il ministro dell’Economia si è dovuto allontanare dall’aula inseguito dalle urla dei deputati del Pdl che gli ingiungevano di dimettersi. Berlusconi era il più nero di tutti. Molti ci hanno persino visto un calcolo preciso da parte di Tremonti. Luca Barbareschi, per dire, incrocia il ministro Ignazio La Russa in Transatlantico e gli soffia in un orecchio il vento gelido del sospetto: «Quello era nascosto dietro una colonna e ha aspettato che andassimo sotto per entrare in aula. L’ha fatto apposta!». La Russa: «Questo lo dici tu… Io ho solo visto che è entrato un minuto dopo la chiusura della votazione». Il clima è quello del Titanic dopo l’impatto con l’iceberg. Proprio La Russa, che ieri ha deciso la liberazione del mercantile dai pirati somali, si lascia andare a una battuta sconsolata: «Oggi abbiamo salvato la Montecristo, ma è questa la nave che affonda!». A rendere la giornata ancora più buia ecco che arriva la stroncatura della Corte dei Conti sulla riforma fiscale e assistenziale. Un progetto «privo di copertura», secondo il parere del presidente della magistratura contabile, Luigi Giampaolino.

Anche il decreto sviluppo è ancora in alto mare, nonostante l’impegno del ministro Romani. Ieri c’è stata l’ennesima riunione al ministero, stavolta allargata all’economista Guido Tabellini. Quello che ha suggerito la patrimoniale al 5 per mille.


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