Il Cavaliere e l’assedio dell’Europa

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ROMA – A forza di rimandare, di promettere la poltrona un po’ a tutti, come ironizza il Financial Times, o ancora a forza di subire i veti dei protagonisti della vicenda, come gli contestano da settimane i suoi stessi collaboratori, due notti fa Berlusconi ha finalmente preso atto che la nomina del nuovo Governatore si apprestava a diventare non uno dei tanti nodi del prossimo Consiglio europeo, in programma domenica a Bruxelles, ma il caso che rischiava di far fallire l’intero vertice.
Sono occorse due telefonate, una del presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, l’altra ben più pesante e inaspettata, direttamente di Angela Merkel, per aprire definitivamente gli occhi del presidente del Consiglio sulle nubi che stavano per addensarsi sul governo italiano, atteso a Bruxelles da un Sarkozy pronto a denunciare il vulnus inaccettabile di un board della Bce sprovvisto di un membro francese a causa delle mancate dimissioni, concordate mesi fa direttamente con Berlusconi, del membro italiano dello stesso direttorio, ovvero Bini Smaghi.
Sembra che la Cancelliera tedesca sia stata molto diretta nel girare al Cavaliere tutti i rischi di un vertice comunitario, nel bel mezzo di una crisi monetaria e finanziaria che coinvolge la governance economica del Vecchio Continente, appesantito dalla possibile esplosione di un caso diplomatico fra Roma e Parigi.
Anche su queste pressioni, inedite, sicuramente irrituali, certamente preoccupate, ieri Berlusconi ha deciso l’accelerazione, ha comunicato che oggi sarebbe stata inviata al Consiglio superiore della Banca centrale la lettera con la quale si indica un nome e inizia la procedura per la nomina del nuovo Governatore. Ha in sostanza, «finalmente» dicono nel suo staff, deciso di decidere.
Che la politica del rinvio abbia creato un pasticcio, anche internazionale, oltre che interno, nel governo lo sostengono in tanti. E la prima vittima in fondo è stata lo stesso premier. Nelle ultime ore Berlusconi si è sfogato più volte, incentrando lo sfogo sulla sua presunta impotenza, sui veti incrociati che si registrano sulle diverse candidature, sulle vere e proprie minacce che ancora ieri qualcuno addebitava a Tremonti, pronto – dicevano anche a Palazzo Chigi – a mettersi di traverso sul decreto per lo sviluppo se la designazione non toccherà  la persona di Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro e da sempre candidato del ministro.
Ieri per l’intero pomeriggio, dopo che Gianni Letta e il Cavaliere e Napolitano avevano affrontato l’argomento al Quirinale, di mattina, in modo ufficioso, a margine della cerimonia dei nuovi Cavalieri del Lavoro, sembravano più forti delle altre le candidature di Lorenzo Bini Smaghi e di Anna Maria Tarantola, vicedirettore generale dell’istituto di via Nazionale.
Ma il problema che oggi Berlusconi sarà  chiamato a risolvere non è soltanto quello di dare un volto al nuovo Governatore, ma anche quello di provocare le dimissioni dalla Bce dello stesso Bini Smaghi, senza le quali non può subentrare il rappresentante francese.
A margine dei colloqui di ieri è emersa anche un’indiscrezione di non poco conto: una lettera dello stesso economista fiorentino al presidente della Repubblica, lettera che avrebbe non poco indisposto la prima carica dello Stato, perché considerata – così dicevano fonti governative – come un’ingerenza inaccettabile.
Ieri un membro del governo commentava l’episodio dicendo che per diventare Governatore Bini Smaghi «dovrebbe prima scusarsi» con la prima carica dello Stato. Di sicuro sono state prese in considerazione, per una futura collocazione dell’attuale membro italiano della Bce, sia un incarico alla Bei (Banca Europea per gli Investimenti) che uno alla Banca mondiale (in entrambi i casi si tratterebbe di una vicepresidenza).
A meno che oggi l’economista fiorentino che per oltre dieci anni ha lavorato al Servizio Studi della Banca d’Italia non venga indicato dal Cavaliere come il nuovo numero uno di Palazzo Koch, sede di Bankitalia.


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