I sindacati e gli studenti: così si limita la democrazia

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ROMA — Da sinistra a destra, un coro di no. L’idea del ministro Maroni di chiedere una cauzione, una fideiussione, insomma una garanzia economica prima dei cortei per riparare danni eventuali, non piace per niente a chi sfila. Dagli operai agli studenti, dai sindacati ai precari, il giudizio è netto. Enrico Panini, segretario nazionale Cgil, responsabile dell’organizzazione del più grande sindacato italiano, è perentorio: «Noi esercitiamo un diritto democratico, quindi non c’è alcuna ragione di versare alcunché. Semmai, ci sarebbe da indennizzare lavoratori e pensionati, costretti a manifestare per difendere i propri diritti». Anche la Fiom, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil che venerdì tornerà  in piazza a Roma (il percorso, per aggirare i divieti già  imposti dal sindaco Alemanno, dovrebbe essere da piazzale Flaminio agli studi Rai di viale Mazzini), non ci sta: «I lavoratori dipendenti e i pensionati di questo Paese — dice il segretario generale Maurizio Landini — sono quelli che, grazie alle tasse che pagano, assicurano il funzionamento dei servizi pubblici in questo Paese. Se passasse la norma di Maroni saremmo di fronte a una regola che permette di manifestare solo a chi ha i soldi, saremmo quindi di fronte all’ennesima messa in discussione della democrazia in Italia». Anche l’Ugl, però, sindacato di centrodestra, è molto critico con Maroni: «L’idea non ci piace — conferma il segretario generale, Giovanni Centrella — nei cortei sindacali non è mai successo nulla, i sindacati hanno il proprio servizio d’ordine, collaborano sempre con le Questure. Il ministro dell’Interno non si dimentichi che viviamo in uno Stato democratico e libero, almeno fino a oggi…». Anna Grazia Stammati, dell’esecutivo nazionale dei Cobas, concorda: «Non ci possono, non ci devono essere, restrizioni ai cortei, sebbene resti ferma da parte nostra la condanna di tutte le violenze».
Ma se i sindacati sono preoccupati, i movimenti respingono con durezza la proposta al mittente. Tiziano Trobìa, 24 anni, studente di Scienze politiche all’università  La Sapienza di Roma e rappresentante dell’Onda, assicura che i cortei continueranno: «Il movimento studentesco non può accettare questa grave contrazione della libertà  democratica, sono già  iniziate le assemblee in ateneo per discutere di questo argomento, il diritto di manifestare va garantito a tutti, non solo ai partiti o ai sindacati che si possono permettere di pagare. Di sicuro, davanti a questa provocazione, non si può restare a casa. E infatti non ci resteremo».
Pure tra «i fascisti del terzo millennio», come loro stessi si definirono in passato, cioè i militanti del «Blocco studentesco» vicini a «Casapound», la reazione è dura: «Spero che quella di Maroni sia solo una boutade — commenta Davide Di Stefano, responsabile nazionale del Blocco —. Cosa dovremo fare per sfilare in futuro? Mettere un’ipoteca sulle nostre case, sulle nostre sedi oppure sulla statua della Minerva alla Sapienza? Sarebbe una legge liberticida per non dire peggio, una legge ingiusta che non rappresenta certo la soluzione al problema della violenza. Scatenerebbe, piuttosto, la rivoluzione!».
Paradossalmente, don Vitaliano Della Sala, il prete no global che era a Genova dieci anni fa ed era pure a San Giovanni sabato scorso, sembra condividere il ragionamento del ragazzo del Blocco studentesco. «Per Maroni allora sarebbe meno ipocrita annunciare: da oggi in Italia le manifestazioni sono vietate… Ma così il ministro sbaglia. Perché se si inaspriscono le leggi non facciamo altro che inasprire gli animi — conclude don Vitaliano —. Finirà  che i violenti avranno la scusa per dire: lo vedete, non c’è democrazia in Italia, allora abbiamo ragione noi».


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