I prezzi corrono più dei salari Divario mai così alto dal 2007
Sono questi i dati diffusi ieri dall’Istat che danno la dimensione di quanto i lavoratori abbiano perso di potere d’acquisto. La rilevazione dell’Istituto nazionale di statistica si riferisce alle retribuzioni contrattuali di settembre. Rispetto al mese precedente sono aumentate dello 0,3% mentre nei confronti del settembre 2010 dell’1,7%. È vero che non si tratta delle retribuzioni di fatto, che registrano tutte le voci (premi compresi) della busta paga, ma il dato è comunque forte. Infatti, per trovare nelle serie storiche dell’Istat una differenza così marcata a svantaggio dei salari bisogna risalire al primo anno delle stesse, cioè il 2007, quando a fronte di un incremento medio delle retribuzioni del 2,2% i prezzi viaggiavano ai livelli attuali. Ma era prima della crisi. Adesso quello scarto di 0,8 punti è diventato di 1,3 punti.
Probabilmente ha avuto un ruolo decisivo il blocco dei contratti del pubblico impiego, in vigore da 2010 e destinato a durare fino al 2014, secondo le ultime decisioni del governo. Non a caso proprio di recente l’Aran, l’agenzia governativa per la contrattazione nel settore pubblico, ha rilevato che il tasso di aumento delle retribuzioni degli statali è stato appunto dell’1,7% nell’ultimo anno. Ma non sono solo i contratti pubblici ad essere bloccati. O meglio, questi sono fermi per legge, ma molti altri, nel settore privato, non sono stati ancora rinnovati benché scaduti. E questo, ovviamente, deprime le retribuzioni. Un lavoratore su tre, dice l’Istat, è in attesa di un nuovo contratto: circa 4,3 milioni. Nel solo settore privato sono il 12,9%, cioè 1,2 milioni, e, per rinnovare i contratti aspettano in media più di 22 mesi.
Nella classifica di chi ha difeso meglio le proprie posizioni troviamo in testa i militari (+ 3,7% in un anno), le forze dell’ordine (+ 3,5%) e i vigili del fuoco (+ 3,1%). Sono categorie di lavoratori pubblici, ma va ricordato che il comparto sicurezza è escluso dal blocco dei contratti. Se non ci fosse alcun rinnovo contrattuale, sia nel pubblico sia nel privato, da oggi al marzo 2012, le retribuzioni perderebbero ulteriormente potere d’acquisto, calcola l’Istat: a marzo il tasso di aumento scenderebbe all’1,2% mentre si prevede che l’inflazione resti su livelli alti. Chi ha sofferto di più sono invece i lavoratori delle grandi aziende che, secondo un’altra rilevazione dell’Istat diffusa ieri e riferita ad agosto, hanno visto addirittura diminuire le retribuzioni lorde per ora lavorata: dello 0,7% rispetto a luglio e dello 0,3% rispetto ad agosto 2010.
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