I paletti all’Italia: aiuti pronti solo con misure per la crescita

by Sergio Segio | 21 Ottobre 2011 7:35

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La bozza di conclusioni dell’imminente vertice dei leader, manca — causa discordia — di tutti i dettagli più delicati. Meno uno, sul quale quasi nessuno eccepisce: «Uno sforzo particolare sarà  richiesto a quei Paesi che stanno attraversando tensioni nei mercati dei titoli sovrani — si legge —. In questo contesto, accogliamo favorevolmente gli impegni specifici presi dall’Italia e dalla Spagna».
Tutto perfettamente lineare in questo passaggio della bozza, peraltro messo fra parentesi a indicare che è soggetto a discussioni. Tutto lineare, non fosse che l’Italia quegli impegni non li ha presi. Sul decreto sviluppo ieri si è fatta largo l’idea di un rinvio; quanto ai contenuti, per ora sembrano lontane le misure di concorrenza, privatizzazioni e efficienza della macchina dello Stato che da tempo indica la Banca centrale europea. Di questo passo il governo di Roma rischia di presentarsi a Bruxelles, in una serie di vertici in buona parte motivati dall’emergenza italiana, senza aver mosso il solo passo che gli si chiede.
Non sarebbe l’unico a non interpretare al meglio la propria parte, per la verità . E non solo perché alla richiesta del G20 di accelerare la reazione alla crisi, l’Europa ha risposto con il rinvio del rinvio del vertice già  previsto per il week-end scorso: probabile che prima di mercoledì prossimo non ci sia alcuna chiarezza e l’incontro di domenica risulti inefficace. In realtà  i brandelli di un possibile accordo emersi fin qui ricordano agli oggetti impossibili di Escher: l’artista svizzero geniale nel disegnare strutture complesse ma surreali. Così, alcuni elementi del pacchetto risultano impressionanti ma incompatibili fra loro. Si discute per esempio di assicurare il primo 20% di eventuali perdite sui bond che saranno emessi (sottinteso: da Italia e Spagna), rischiando così di far crollare il prezzo dei vecchi titoli che non verranno garantiti. Intanto, dopo aver spinto al ribasso quei bond, si pensa di obbligare le banche europee a iscriverli a bilancio al valore (ridotto) di mercato del momento, per poi decidere quale debba essere ricapitalizzata a forza, ristrutturata o smantellata con «ordine».
Né mancano altre incoerenze. L’assicurazione sui titoli di Stato potrebbe scattare appunto solo sul primo 20% di perdite, perché si ritiene (tacitamente) che l’Italia o la Spagna non dovranno mai ristrutturare in modo più grave il loro debito. Eppure l’Eba, l’autorità  bancaria europea, metterà  alla prova le banche europee con simulazioni di perdite sui titoli sovrani ben superiori al 20%. La zona Euro dunque non crede allo scenario peggiore, o non intende fare di tutto per evitarlo? L’interrogativo non trova risposta nell’altro punto assodato del vertice: i leader della moneta unica si impegneranno solennemente sul fatto che nessun Paese oltre la Grecia dovrà  ristrutturare il debito, ma allora non è chiaro perché si pensi ad assicurare dal default Italia e Spagna.
Se il piano per salvare l’euro per ora somiglia a una costruzione di Escher, probabilmente è perché tale è ormai il sistema di decisione. Lo è almeno da quando il mese scorso la Corte costituzionale tedesca si è pronunciata sulla possibilità  che Berlino aiuti altri Paesi dell’euro: il governo federale da ora in poi potrà  farlo solo dopo averne avuto mandato dal Bundestag. Angela Merkel non è più libera di negoziare un accordo a Bruxelles e poi sottoporlo al suo parlamento. Come il governo cinese ai negoziati sul clima di Copenhagen, la Cancelliera potrà  muoversi solo entro i limiti di un mandato pre-assegnatole. Ma poiché l’accordo europeo non è chiuso, com’era prevedibile, non esiste un testo preciso sul quale il Bundestag si possa pronunciare: dunque Merkel ha dovuto cancellare la sua apparizione in parlamento domani per ottenere il suo mandato negoziale. E non c’è un testo preciso perché Germania e Francia non sono d’accordo. Berlino vuole il meccanismo delle assicurazioni al 20%, Parigi invece chiede che il fondo salvataggi attinga senza limiti alle risorse della Banca centrale europea. Anche i francesi temono di essere raggiunti dal contagio e che solo con l’aiuto della Bce potranno esserci le risorse per difenderli.
Per ora le posizioni sono lontane: forse un’intesa si troverà  unendo i 440 miliardi dell’attuale fondo salvataggi ai 500 del futuro «Meccanismo di stabilità  europeo» che potrebbe scattare da metà  2012. A patto che anche questo, anziché un bazooka, non si riveli un bellissimo disegno di Escher.

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