I contenuti della riforma: ripartire da lì

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Elementi che lo stesso Sacconi avrà  modo di valutare con le autorità  preposte alla vigilanza e alla repressione. Di tutto, infatti, il governo ha bisogno tranne che di essere accusato di mettere in circolo elementi di ulteriore divisione e di preferire la rissa al confronto sui programmi. Già  pesa lo scetticismo del ministro dell’Economia — reso noto dalla testimonianza di Umberto Bossi — e sarebbe deleterio, quindi, sommare problema a problema. Con la lettera inviata a Bruxelles Silvio Berlusconi si è dato un programma di lavoro stringente e delle scadenze precise. La Ue, ma anche i cittadini italiani, si aspettano che il premier usi tutti i giorni disponibili per allargare il consenso attorno agli obiettivi individuati e implementare i provvedimenti necessari per tener fede agli impegni. Chi derogasse da questo itinerario non farebbe altro che, con una singolare eterogenesi dei fini, compromettere l’azione dell’esecutivo.
Dalle indicazioni di metodo passiamo ai temi di merito. Berlusconi ha fatto sapere a Bruxelles che entro il maggio 2012 approverà  una riforma del mercato del lavoro che renderà  più facili i licenziamenti definiti «economici». Coscienti di quanto sia complicato spiegare al Paese che per rilanciare la crescita si debba partire con la retromarcia, diversi esponenti della maggioranza hanno adottato lo slogan-ossimoro «licenziare per assumere». In concreto significa riformare il dualismo del mercato del lavoro riequilibrando le tutele tra garantiti e non. Una parola d’ordine che negli anni scorsi era stata la bandiera dei riformisti liberal e che i ministri del governo Berlusconi avevano sempre criticato accusandola di accrescere lo «stress sociale».
Ma se davvero si vuole centrare l’obiettivo straordinario di licenziare-per-assumere occorre mettere in campo una proposta vincente, una riorganizzazione del mercato del lavoro capace di suscitare il consenso degli outsider (che non hanno rappresentanza) e di minimizzare il potere di veto delle organizzazioni degli insider. Il governo questa proposta ce l’ha? Per quanto sappiamo no, ancora no. Ci sta lavorando, qualche anticipazione l’ha fornita lo stesso Sacconi nell’intervista a Enrico Marro (sul Corriere del 29 ottobre) ma il paradosso vuole che le elaborazioni del senatore Pietro Ichino e dell’economista Tito Boeri si siano spinte più in avanti. Abbiano lavorato con maggior tenacia nel tentativo di coniugare flessibilità  e sicurezza e quindi appaiano agli stessi giornali della destra come un pozzo a cui attingere. Per una volta le soluzioni sembrerebbero prevalere sulle ideologie e quindi scatenare la rissa è doppiamente controproducente. Fornisce argomenti a chi, pur legittimamente, ambisce ad organizzare l’ennesimo sciopero generale.
Si lasci, dunque, agli inquirenti e alla magistratura il compito di indagare sul rinascere della violenza organizzata e si prosegua la riflessione di merito sulla riforma. La si conduca con la maggiore trasparenza possibile e si disegnino i termini di uno nuovo scambio sociale. Che questa volta però non sia limitato alla tradizionale concertazione tra governo e sindacati ma veda in campo le ragioni degli Invisibili.


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