I cinesi pronti a intervenire per aumentare le risorse nel caso di una crisi italiana

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BRUXELLES – Alla fine sarà  la Cina a salvare l’Europa (e l’Italia)? Di fronte alla prospettiva di dover intervenire a difesa dei 1900 miliardi di debito pubblico italiano, gli europei si rivolgono ai Paesi extra-Ue in cerca di aiuto.
Il direttore del Fondo, Klaus Regling, partirà  venerdì per Pechino e subito dopo si recherà  a Tokyo per sondare in quale misura e soprattutto a quali condizioni Cina e Giappone siano disposte a soccorrere l’euro. Il presidente francese Sarkozy ha già  in programma una telefonata con il suo omologo cinese Hu Jintao.
Sondaggi sono in corso anche con gli altri Paesi del Brics (acronimo per Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), ma per ora senza grande successo.
L’idea a cui stanno lavorando i tecnici di Bruxelles è quella di creare, accanto all’EFSF, un secondo «veicolo finanziario» a cui il Fondo europeo contribuirebbe con i capitali ancora disponibili, ma che sarebbe aperto all’intervento anche dei fondi sovrani degli altri Paesi del G20.
Uno dei principali ostacoli da superare è però la collocazione del nuovo «superfondo». Per quanto disponibili a contribuire, i Paesi emergenti che hanno un forte surplus commerciale e quindi capitali da investire, non sembrano molto disponibili a fidarsi delle strutture messe in piedi dagli europei. La Russia, per esempio, ha già  fatto sapere che potrebbe venire in aiuto dell’euro, ma solo nel quadro del Fondo monetario internazionale. Posizioni analoghe sono state espresse dal Brasile. Il FMI, però, per statuto può intervenire solo in auto di uno stato sovrano, e non potrebbe quindi gestire le operazioni di sostegno che l’EFSF si propone di fare.
Da Washington, dove ha sede il Fondo monetario internazionale presieduto dalla francese Christine Lagarde, è venuto un segnale di disponibilità  a creare una «facility» ad hoc che gli europei potrebbero gestire con una certa autonomia insieme con gli altri co-finanziatori. Ma a Bruxelles sono in molti a storcere il naso di fronte all’idea di dover affidare la propria salvezza ad un organismo sul quale l’eurozona avrebbe solo un controllo marginale. Senza contare che l’insistenza dei Brics sulla necessità  di passare attraverso l’FMI si spiega con il desiderio dei Paesi emergenti di ridimensionare il peso decisionale degli europei nella struttura e di aumentare il proprio. Ogni decisione in materia sarà  comunque rinviata al vertice del G20 in programma il 3 e 4 novembre a Cannes.
La Cina comunque non ha atteso l’appello degli europei per venire in aiuto dei paesi ue sotto attacco. Con riserve valutarie stimate a 3.200 miliardi di dollari, Pechino ha già  acquistato titoli di debito dei Paesi europei per circa 500 miliardi, anche per diversificare rispetto alla sua mastodontica esposizione in dollari. Il Giappone, invece, fino ad ora si è mostrato più prudente. Tokyo ha però acquistato un quinto delle emissioni di titoli fatta finora dall’EFSF. E potrebbe continuare a sottoscrivere i bond del fondo europeo.


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