Gli operai Fincantieri chiedono futuro

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 GENOVA. Duemilacinquecento buste paga in meno: è contro il progetto «tagliateste» e tagliafuturo proposto da Fincantieri (controllata da Fintecna per conto del ministero del Tesoro), che la Fiom Cgil scende in piazza oggi. E lo fa unendo le lotte della Fiat con quelle dei cantieri, perché si tenta (o si riesce) a destrutturare il contratto e si fanno accettare ai sindacati tagli in nome della crisi, ma viene il sospetto che se i mercati riprendessero saranno sempre più i lavoratori in appalto e subappalto a fare le navi o le auto. A costi inferiori. A Fincantieri succede già , visto che migliaia di operai di piccole e medie aziende lavorano alla nave, spesso con problemi di paga, arretrati non erogati per mesi e zero malattia e infatti saranno quelli che cassa non ne vedranno comunque «perché sono dipendenti di aziende che evadono contributi e fisco figuriamoci se danno la cassa integrazione ai loro operai col rischio di controlli serrati della guardia di finanza», come spiegano alla Fiom genovese.

Perciò oggi si scende in piazza. Si va in corteo con oltre 2 mila lavoratori diretti Fincantieri già  in cassa negli otto siti italiani, il rischio di chiusura totale di Sestri ponente, il ridimensionamento in atto a Riva Trigoso, Castellamare, Palermo e Ancona. L’azienda dice che solo così si affronta la crisi mondiale. La Fiom pensa che sia la strada sbagliata. E infatti dopo aver firmato a Monfalcone con Cisl e Uil un accordo che prevede 300 esuberi, non lo ha fatto per Riva Trigoso dove gli altri due sindacati hanno messo la firma e accolto il plauso dei lavoratori per 280 esuberi. Così ad Ancona dove, pur di mettere d’accordo sindacati e azienda che chiedeva 180 esuberi, ci si è messa di mezzo anche la Regione (per ora è tutto fermo, qui e a Castellamare).
«Lo sciopero è l’occasione per sottolineare le nostre rivendicazioni e le proposte per il rilancio – spiega il responsabile nazionale navi della Fiom, Alessandro Pagano, che ieri era a Monfalcone ha parlare agli operai, oggi a Roma con due pulmann – abbiamo unito le lotte di auto e navi perché vogliamo politiche di mobilità  che rilancino crescita e innovazione. Per il settore navale speriamo nel rinnovamento di un parco obsoleto che tra qualche anno non potrà  più entrare nei porti perché troppo inquinante per nuovi parametri europei. Insomma le possibilità  ci sono. Sarebbe utile che il governo ci pensasse varando il famoso decreto sviluppo».
Ma in piazza si va anche per rivendicare il diritto allo sciopero: «Difendiamo il diritto democratico di manifestare, anche per ricordare che sabato scorso lo si è impedito a 200 mila persone», chiude Pagano.
A Genova, da dove sono partiti tre pulmann nella notte, si sogna ancora. Si sogna che non chiuda un cantiere che faceva navi per la Regia marina e per l’impero ottomano nell’Ottocento, il cantiere del Rex, della Leonardo da Vinci, fino alle Costa e Oceania. Il presidente dell’Autorità  portuale Luigi Merlo ha rilanciato per l’ennesima volta il progetto di un grande bacino navale (quello che c’era fu venduto tempo fa agli Emirati). Complice un quotidiano locale, Fincantieri si dice interessata a costruire il bacino a Sestri Ponente, coinvolgendo magari imprenditori delle riparazioni. Su questo il sindacato nicchia. L’imprenditore più interessato è il past president della locale Confindustria, e per fargli ritirare la frase che Sestri è un cantiere di serie B mentre quelli dell’Adriatico sono avanzati, sono andati in 200-300 sotto le finestre dell’associazione nei giorni scorsi.
Le trattative che la Fiom chiede siano nazionali e non cantiere per cantiere riprenderanno lunedì con un incontro tra Fincantieri e i sindacati. Ordine del giorno: i carichi di lavoro.


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