Giustizia sociale e rendite tassate La ricetta anticrisi del Vaticano
Per governare la globalizzazione verso una «giustizia sociale globale», ristabilire «il primato della politica, responsabile del bene comune, su economia e finanza», regolare gli scambi monetari arrivando a «una sorta di Banca centrale mondiale», riflettere «sulla tassazione delle rendite finanziarie» e «forme di ricapitalizzazione delle banche anche con fondi pubblici» a condizione che «sviluppino l’economia reale». Perché Bretton Woods è il passato e «siamo invitati a non arrenderci e a costruire un futuro di senso per le generazioni a venire», bisogna «liberare l’immaginazione» e «non temere di proporre cose nuove, anche se possono destabilizzare equilibri di forze preesistenti che dominano sui più deboli». Quando fanno loro notare un’affinità con le preoccupazioni degli «indignados» il cardinale Peter Turkson sorride e monsignor Mario Toso allarga le braccia: «Più che altro noi siamo in linea col magistero dei Papi: si dà il caso lo siano anche gli “indignados”, ma questo non significa che tali prospettive non vadano sostenute…». Si parte dall’«autorità politica mondiale» già proposta da Benedetto XVI nella Caritas in Veritate del 2009. Ma il testo («che non porta la firma del Papa») va oltre le radici etiche della crisi, parla di «idolatria del mercato» e accusa tre ideologie «devastanti»: il «liberismo economico senza regole né controlli», l’«utilitarismo» e la «tecnocrazia».
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