Franà§ois Hollande, l’uomo qualunque che seduce l’elettorato di centro

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 PARIGI. «Non sono una novità , ma sono nuovo», ha detto di se stesso l’ormai candidato ufficiale del Partito socialista alle presidenziali del 2012. Chi è Franà§ois Hollande, che al secondo turno delle primarie ha raccolto il 56,6% dei voti dei quasi tre milioni di elettori, sconfiggendo la più volontarista Martine Aubry, tornata da ieri alla testa del Ps? I suoi compagni di partito non l’hanno mai risparmiato. Esponente della «sinistra molle» per Aubry, «flamby» per il gauchiste Arnaud Montebourg, che pur essendosi schierato a suo favore ha sempre preso di mira un dirigente un po’ all’acqua di rose. Un «notabile» di provincia, per l’ex compagna Ségolène Royal, che ha ricordato che non ha mai avuto incarichi nazionali importanti, ma è rimasto legato alla Corrèze. Lì è stato eletto deputato e dirige il dipartimento, che tra l’altro è stata anche la terra elettorale di Chirac. «Fragola di bosco» per Laurent Fabius, è considerato un indeciso.

Con un percorso più che classico di politico di alto bordo francese (Hec, Ena, segreteria del Ps), senza aver però mai raggiunto la carica di ministro, Hollande è l’uomo senza qualità  che può risultare il più adatto a prendere le redini della Francia in un’epoca di crisi sistemica, di un paese stanco del «volontarismo» senza risultati dell’eccitato Sarkozy? Come Ulrich, potrebbe riprendere la risposta data dal personaggio di Musil a Paul Arnheim, «la vita stessa è una sperimentazione». Hollande è un pragmatico. Dice di sé: «i difetti di cui mi accusano sono al tempo stesso delle qualità  e degli assi nella manica. La mancanza di autorità ? Abbiamo sofferto di un autoritarismo insopportabile. Mediatore? Abbiamo vissuto la divisione. Prudente? I francesi sono scottati dalle promesse mancate di Sarkozy e degli altri. Pragmatico? Nelle circostanze attuali, movimentate e gravi, abbiamo bisogno di duttilità  e di capacità  a capire le situazioni. La mia specificità  è la costanza. Ciò che i francesi attendono è la fiducia».
Franà§ois Hollande ha iniziato a fare politica ai tempi di Mitterrand, era uno dei giovani del gruppo di lavoro organizzato attorno a Jacques Attali. Ideologicamente, è stato vicino a Jacques Delors, a lungo presidente della Commissione europea. Ha pagato con un periodo di solitudine il non aver capito che nel 2005 i francesi avrebbero votato «no» al referendum sul Trattato costituzionale, mentre il Ps, di cui era segretario, aveva difeso il «sì» e si era spaccato. È un socialdemocratico che punta sulla mediazione, che non ama il conflitto. Le Monde, nel ritratto pubblicato oggi, paradossalmente lo avvicina a Angela Merkel, a cui, al contrario, era stata spesso paragonata la sua rivale sconfitta, Martine Aubry. Del resto, Hollande seduce l’elettorato di centro e questo preoccupa Sarkozy, che si trova così a destra della destra. Persino l’ex presidente Jacques Chirac si è lasciato sfuggire: «io voterò Hollande» nel 2012 (l’Ump ha poi spiegato l’affermazione con la senilità  dell’ex presidente). Attirando i voti del centro, Hollande potrebbe sventare il rischio di un nuovo 21 aprile, con l’estrema destra al secondo turno. È stato scelto per questo: è considerato il candidato migliore per battere Sarkozy. Ha la battuta facile, caratteristica che ha accantonato per assumere un’attitudine più «presidenziale», ma che gli servirà  per contrapporsi a Sarkozy, uomo delle risposte grevi e brutali. La sua qualità  di mediatore, gli sarà  utile ora, che deve rimettere assieme i pezzi del Ps dopo lo scontro delle primarie.


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