Francia, la fine di Ségolène in lacrime per la sconfitta

by Sergio Segio | 11 Ottobre 2011 7:10

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PARIGI – Nella notte non ha retto più, le lacrime sono state più forti di lei. Si è lasciata andare per qualche attimo e quel pianto l’ha resa fragile e umana come una persona qualunque. Uno sfogo naturale: Ségolène Royal ha patito domenica la più pesante umiliazione della sua carriera politica. Candidata nel 2007, aveva rappresentato con onore gli ideali della sinistra di fronte a Nicolas Sarkozy. Certo, era stata sconfitta, ma al ballottaggio aveva ottenuto quasi 17 milioni di voti, poco meno del 47 per cento.

Domenica, però, i simpatizzanti della “gauche” le hanno inflitto una sconfessione dalle proporzioni inattese: meno del 7 per cento dei voti, poche migliaia di voti in più del penultimo alle primarie socialiste. L’opinione pubblica, che l’aveva portata alle stelle cinque anni fa, l’ha gettata nella polvere, senza pietà .

È stata una serata terribile per Ségolène, come la chiamano tutti, amici ed avversari. In un primo tempo ha tenuto il colpo: davanti alle telecamere per l’inevitabile dichiarazione del dopo voto è apparsa prostrata, ma ha saputo ricacciare in gola le lacrime. All’uscita dal suo quartier generale, poco prima dell’una del mattino, non è invece riuscita a trattenerle. Di fronte ai suoi sostenitori e a qualche giornalista, ha tentato di smozzicare qualche parola: «Ci sono molte cose date, molta delusione. Per tutti quelli che mi hanno sostenuto è molto dura». Anche per lei è dura: il pianto le impedisce di continuare. Sono pochi secondi, poi se ne va aggiungendo: «Ma sono forte». C’è tutta Ségolène Royal in quei pochi secondi: lo smarrimento, la sofferenza e al tempo stesso la voglia di reagire, di combattere, di restare in piedi. Pensava di farcela o perlomeno di far buona figura, credeva che i sondaggi si sbagliassero nel darla lontana dai due favoriti, il padre dei suoi quattro figli, Franà§ois Hollande, e la rivale politica più detestata, Martine Aubry. Ma l’errore era a suo sfavore: Arnaud Montebourg è terzo con il 17 per cento, lei ha meno del 7. Un’umiliazione difficile da mandar giù.

Eppure, la candidata del 2007 aveva fatto di tutto per tornare ai vertici. Si era lanciata nella campagna un anno fa, correndo ai quattro angoli del paese per tentare di ritrovare il favore popolare. E lo aveva fatto sacrificando anche la sua vita personale: «Non ho alcun compagno ufficiale. Vivo sola con le due mie figlie. Voglio che i francesi sappiano che mi occuperò di loroa tempo pieno». Non è servito a niente, come non è servito a niente lavorare sodo, eliminare le gaffe e le improvvisazioni che avevano costellato la sua campagna elettorale nel 2006-2007, mostrarsi più solida nelle proprie argomentazioni. L’opinione pubblica le ha voltato le spalle. Cinque anni fa c’era un altro clima, Ségolène Royal era come venuta fuori dal nulla, rappresentava una ventata d’aria fresca. Non importavano le gaffe, né le incertezze: la sua bellezza, la sua determinazione, la sua baldanza che noi italiani diremmo garibaldina sembravano farne l’incarnazione ideale della sinistra e della sua voglia di riconquistare il potere. Oggi, la leader socialista si vede ridotta al rango di ex speranza, rimandata nel suo Poitou – Charentes, la regione di cui è presidente dal 2004. Quando la conquistò venne soprannominata la Zapatera, in omaggio al leader spagnolo e per caso Royal e Zapatero abbandonano insieme le rispettive ribalte nazionali.

Unica consolazione: la Royal è corteggiata dai due finalisti e oggi dirà  se si schiera con l’uno o l’altra. Ma il vero “jolly” dell’elezione è il paladino della demondializzazione, Arnaud Montebourg: con il suo 17 per cento ha un ruolo di primo piano. E per ora ha deciso di non scoprire le sue carte, di non dire chi sceglierà  tra Hollande e Aubry.

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