Fondo salva stati, un altro modo per allargare l’infezione

by Sergio Segio | 30 Ottobre 2011 7:32

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Già  nel 1999 Alain Parguez aveva dimostrato come l’Unione Monetaria Europea si fondasse su un sistema ben più rigido del vecchio regime aureo precedente alla prima guerra mondiale. Quindi, la Bce non può agire da banca di riferimento, da prestatrice di ultima istanza. Quest’ultimo fatto viene notato, sebbene in forma non concettualizzata, da Lucrezia Reichlin, ex interna della Bce, sul Corriere della Sera del 27 ottobre. Meglio tardi che mai? No, perché il sistema si sta sfasciando con conseguenze sociali tremende. Quanti colpi ci vorranno ancora per riconoscere che il trattamento del debito pubblico viene effettuato con danni irreparabili?
L’anno scorso Jan Toporovski, della Soas di Londra, osservò che una crisi del debito sarebbe emersa anche con un’eurozona ridotta a Germania, Francia e a pochi amici nordici. La crisi avrebbe potuto nascere dal debito pubblico belga o tulipano. vicino al 100% del pil. Il problema non sta infatti nella dimensione, quanto nel livello di debito che la Bce rifiuta di sostenere. A fondamento dell’Unione Monetaria Europea vi é l’idea che la banca centrale non debba rifinanziare l’indebitamento pubblico e che, invece, i migliori giudici delle finanze pubbliche siano i mercati privati di capitale e le annesse agenzie di rating. Ne consegue che la Bce non solo é nata rachitica senza una funzione istituzionale di supporto, ma produce essa stessa la paura nei confronti della solvibilità  dello Stato infettando così i titoli pubblici.
L’impianto dell’Unione monetaria permette invece al sistema delle banche centrali di comperare prioritariamente titoli presso il mercato privato, perfino quelli più tossici (collateralized debt obligations). L’infezione é pertanto insita nel regime monetario istituzionale, che reagisce con «operazioni di emergenza», sebbene ormai ripetute più volte per timore di un crollo totale. Si può quindi capire perché la creazione dell’Efsf (il fondo salva stati-banche) abbia portato con sé l’infezione istituzionale, orientandosi su veicoli di investimento opachi senza minimamente ridurre la crescente tossicità  dei titoli pubblici. Per sottolineare e mantenere il carattere eccezionale dell’intervento della Bce agli stati viene richiesto di porre in atto delle misure di drastica deflazione reale ottenendo in tal modo il grande successo di aver fatto aumentare enormemente il debito greco nel giro di poco più di un anno.
L’invio di una missione in Asia per ottenere soldi cinesi e giapponesi costituisce semplicemente l’allargamento del principio per cui la banca centrale non deve rifinanziare il debito pubblico ai tassi decisi dalla banca stessa, come fa la Federal Reserve Usa. I mercati europei sono asfittici per via della tossicità  continuamente iniettata nei buoni del tesoro, le banche sono in uno stato patetico, quindi i denari si cerchino presso chi li ha: Cina e Giappone. Tuttavia questi soldi dovranno essere assicurati. Saranno cioé soggetti ad «impacchettamenti» in credit default swaps e via dicendo, brodo di coltura dei peggiori virus finanziari. La securitization virale appare però ineluttabile, dato che ai prestatori cinesi e nipponici si balena molto concretamente la possibilità  di veder crollare il valore dei titoli che compreranno. Dal punto di vista cinese la valutazione sarà  soprattutto di natura opportunistica e non strettamente economica. La Cina é a sua volta avviluppata in una gigantesca bolla speculativa e non vede certo di buon occhio l’idea di subire perdite nelle somme spese per l’acquisto titoli europei, cronicamente malati. Ma l’Unione europea é anche il maggior partner commerciale di Pechino.

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