Fisco, accordo con la Svizzera vicino Atteso un gettito fino a 70 miliardi

by Sergio Segio | 29 Ottobre 2011 6:50

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L’accordo dovrebbe ricalcare l’intesa già  siglata da Berna con Londra e Berlino: un’imposta secca sul capitale detenuto in Svizzera che oscillerebbe tra il 20 e il 34% della somma, ed una tassazione futura sugli interessi, pari a quella applicata nel paese di residenza, in Italia il 20%. Considerato che i nostri capitali detenuti illecitamente nelle banche svizzere ammontano a un cifra compresa tra 130 e 200 miliardi di euro, l’imposta secca sul capitale potrebbe fruttare da 26 a 70 miliardi di euro, mentre ogni anno lo Stato italiano con la tassazione dei rendimenti incasserebbe circa un miliardo di euro.
I contatti tra i due governi, dopo mesi di tensione, sono ripresi all’inizio di quest’anno, appena evaporate le polemiche seguite allo scudo fiscale varato dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, grazie al quale sono stati regolarizzati quasi 40 miliardi di euro detenuti dagli italiani in Svizzera, e subito dopo gli accordi siglati dalla Svizzera con Gran Bretagna e Germania. Tremonti avrebbe preferito una trattativa europea sulla tassazione del risparmio dei residenti stranieri in Svizzera, ma le intese bilaterali hanno modificato radicalmente lo scenario. Ognuno per sé, e l’Italia si è subito adeguata. Alla ricerca di risorse per il finanziamento della crescita e per l’abbattimento del debito pubblico, l’intesa con la Svizzera è arrivata subito in primo piano. La diplomazia economica è al lavoro da qualche mese ed un accordo di massima potrebbe essere questione di poco tempo. Perché, oltre a quello italiano di rimpinguare le esauste casse dello Stato, c’è anche un interesse molto chiaro della Svizzera in accordi di questo tipo. Intanto perché salvaguardano il segreto bancario, che non veniva affatto garantito dalla direttiva sull’euroritenuta. Anche la direttiva Ue prevede una tassazione alla fonte del risparmio dei non residenti, ma con aliquote crescenti fino al 35% e transitorie, fino all’istituzione, a regime, dello scambio sistematico di informazioni fiscali e, dunque, il superamento del segreto bancario.
Che invece con le intese bilaterali sarebbe mantenuto. Se venisse replicato lo stesso schema, l’Italia potrebbe contare sulla tassazione alla fonte (sempre anonima) non solo delle rendite maturate sui depositi bancari, ma (almeno sulla carta) anche sui redditi dei contribuenti italiani che beneficiano di enti e strumenti particolari, come fondazioni, trust, società  costituite in paesi offshore. Si aprirebbe poi un canale informativo per evitare che altri soldi possano essere depositati illecitamente in Svizzera. Il governo tedesco, per esempio ha contrattato la possibilità  di formulare un migliaio di richieste di informazioni all’anno, che devono comunque basarsi su motivazioni plausibili, mentre la ricerca generalizzata e indiscriminata di informazioni sarebbe sempre esclusa. E sarebbe possibile, come avvenuto per la Germania, avere dalle banche della Svizzera un anticipo in contanti come garanzia sull’applicazione in futuro della tassa. L’intesa con l’Italia pare a buon punto, ma ben che vada non entrerà  in vigore prima del 2013. L’eventuale accordo deve essere prima firmato dai governi poi ratificato dai due parlamenti. Sempreché la Svizzera, dopo la ratifica, non decida di sottoporre l’intesa con l’Italia ad un referendum popolare.

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