by Sergio Segio | 9 Ottobre 2011 6:41
ROMA – Uno sciopero di otto ore dei lavoratori della Fiat e dell’indotto, sostenuto da un corteo nazionale.
Lo scontro tra il sindacato e il Lingotto, raggiungerà la sua temperatura più alta venerdì 21 ottobre, quando incroceranno le braccia i dipendenti del marchio torinese e quelli delle aziende che operano nella componentistica. Insieme i lavoratori del settore si ritroveranno a Roma per una manifestazione che, nei piani della segreteria Fiom, dovrà rappresentare anche le altre pesantissime crisi in atto nel nostro Paese. Una protesta che trova il pieno appoggio del segretario generale della Cgil: Susanna Camusso la definisce «un’iniziativa giusta», confermando il disgelo in corso con la Fiom.
Lo sciopero di otto ore, una mossa dirompente che arriva a nove anni dall’ultima prova di forza contro Fiat, è mirata anche alle ultime decisioni strategiche dell’azienda, dall’addio a Confindustria, fino al temuto, progressivo disimpegno dai progetti previsti nel nostro Paese.
Il caso Fiat, infatti, non può essere slegato dal contesto nazionale, dalle altre crisi che stanno esplodendo tra i metalmeccanici. Per questo il segretario generale della Fiom Maurizio Landini, punta ad allargare la protesta anche ad altri settori: «C’è un ragionamento da fare con Fincantieri», spiega. Ma il sindacato delle tute blu stavolta non danzerà sul filo dell’isolamento politico e cercherà una sponda politica che possa accogliere e rilanciare le ragioni della protesta. Già da domani sarà lo stesso Landini ad iniziare un giro di sondaggi tra i segretari di tutti i partiti, ai quali spiegherà le proprie ragioni aprendo un confronto sulla questione dell’articolo 8 contenuto nella manovra correttiva.
Nel mirino della Fiom e della Cgil c’è anche l’uscita del Lingotto da Confindustria che, sono parole del segretario nazionale Fiom Giorgio Airaudo, «è una vicenda che riguarda gli assetti del Paese e le libertà democratiche. Siamo di fronte a un tentativo di costruire un modello sociale diverso, un modello di rappresentanza e di rapporti diversi. E quello che ci viene proposto in Italia non è altro che la coda del fallimento del modello americano». Il sindacato dei metalmeccanici Cgil con questa mossa intende dare «un segnale importante», vuole tenere «alta l’attenzione sulle difficili vertenze che interessano i lavoratori degli stabilimenti della Irisbus di Valle Ufita e di Termini Imerese».
Il tema dell’uscita del marchio torinese da Confindustria, anche secondo Carlo De Benedetti «è un errore». «In realtà la Fiat sta uscendo dall’Italia non dalla Confindustria – ha sottolineato a margine dell’incontro con il Capo dello Stato Giorgio Napolitano per le celebrazioni di Luigi Einaudi – e certamente la Fiat ha fatto molto per questo Paese. Ma credo che il Paese abbia fatto di più per la Fiat». Secondo De Benedetti, «anche nei momenti di difficoltà il dialogo è possibile, e francamente non credo che si possano addossare al sistema Italia, per esempio, le responsabilità della mancanza di modelli. O il fatto che ci facciamo portare via le persone migliori da Volkswagen e da Audi. I problemi sono più complessi – conclude De Benedetti – e non si risolvono certo uscendo da Confindustria».
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