by Sergio Segio | 23 Ottobre 2011 8:10
ROMA – L’idea forte esiste. E per Tremonti è un nuovo Piano Sud. Tra le misure più annunciate e meno realizzate dal centrodestra («sei volte in tre anni», calcola il Pd), è la carta a sorpresa, o della disperazione, giocata dal ministro dell’Economia, il giorno dopo il monito all’Italia della Commissione europea perché adotti «con urgenza» nuove misure per la crescita. Si chiamerà Eurosud, riferisce Tremonti al presidente della Commissione Barroso, ieri a Bruxelles per l’Ecofin. Un programma straordinario per lo sviluppo del Mezzogiorno, basato sulla «radicale revisione strategica dell’uso dei fondi europei» stanziati e inutilizzati. E non sempre per colpa delle Regioni, dato che un quarto del non speso del 2011 è nelle casse dei ministeri (2,5 miliardi su 10). Gelida la reazione dei presidenti di Basilicata, Abruzzo, Calabria, Campania, Molise e Puglia. In una nota bipartisan i governatori chiedono a Tremonti un «percorso condiviso», come quello già in atto sui Fas, «portato avanti con il governo e il ministro Fitto», e di avere «risorse aggiuntive», visto che i fondi destinati al Sud «sono stati più volte usati per altre finalità ». E considerati anche «la macchinosità delle procedure», «gli obblighi di spesa e il Patto di Stabilità ». Malumori rivelatori, forse, di un’iniziativa isolata di Tremonti, messo all’angolo sul decreto Sviluppo dal resto dell’Esecutivo.
Sul punto, Tremonti non cede. Il suo «costo zero», anzi, viene ribadito in Europa. Non servono altre risorse, ha spiegato in qualche modo a Barroso. I soldi ci sono, eccome. Ma non sono stati usati per la nota «cialtroneria» (del Sud). Occorre, dunque, individuare progetti in cui impiegarli e velocemente. Prima cioè che l’Italia bruci 8 miliardi di fondi Ue, di cui 6 relativi al Sud, entro il 31 dicembre. Da qui l’idea di “Eurosud”. Un piano sostenuto da «una regìa rafforzata» e relativo sia ad «interventi di lungo periodo che per quelli con effetti immediati». Si punta su pochi obiettivi, 5 o 6. Due i settori individuati: infrastrutture e ricerca, per rilanciare l’occupazione.
Pochi centri di spesa, dunque, tempi certi di realizzazione, monitoraggio dei risultati, nessun intervento a pioggia. Questi i requisiti chiesti dall’Europa. Uno dei “veicoli” individuati per spendere prima e meglio il “tesoretto” in scadenza – 10 miliardi compreso il contributo dell’Italia, di questi 7 per le Regioni del Sud con il Pil più basso: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia – è il credito d’imposta. Lo strumento è stato inserito nella manovra di luglio. Ma si attendeva l’ok dell’Europa a utilizzare legittimamente i fondi del programma comunitario 2007-2013 (circa 60 miliardi in sette anni, 44 per il Sud, “cofinanziamento” italiano incluso) per coprirlo. Autorizzazione accordata. L’incentivo fiscale (è un credito nei confronti dello Stato) sarebbe così offerto alle imprese che assumono e a quelle che investono in ricerca. Consentirebbe di accelerare la spesa dei fondi Ue e rilanciare le economie depresse del Sud.
Niente di nuovo, però. Le “trattative” con Bruxelles sono in atto da mesi. «Ma quale credibilità può avere l’Italia?», si chiede Fassina, Pd. «Solo chiacchiere», le bolla Lombardo, Mpa. «Il Sud non riparte con le invenzioni», è il gelo di Casini, Udc. «Nulla di concreto», rincara il presidente della Camera Fini.
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