by Sergio Segio | 14 Ottobre 2011 6:13
MILANO – Nei numeri il taglio è ancora da quantificare. Ma tutto il resto è certo: a causa della Robin Hood tax, Enel sarà «costretta a rivedere dividendo e investimenti». Una notizia che non è certo piaciuta ai mercati finanziari, con il titolo che in Borsa è stato bersagliato dalle vendite, arrivando e perdere il 4,5% e chiudendo poi in calo del 3,12%.
A scatenare le vendite è stata una breve intervista dell’amministratore delegato Fulvio Conti all’agenzia Bloomberg, rilanciata su tutti i terminali della comunità finanziaria internazionale. Un mese fa i vertici dell’azienda avevano parlato di politica dei dividendi da rivedere, a causa dell’aumento dall’aliquota dell’Ires a carico delle società energetiche (produzione, reti e rinnovabili). Ma ieri Conti ha fatto capire che la revisione al ribasso è ormai certa: «Saremo costretti ad agire al fine di mantenere i nostri obiettivi di riduzione del debito, che sono per noi di primaria importanza, e preservare il rating. Il governo ci costringe a non trasferire i costi sui clienti e così si riduce la nostra possibilità di investire e pagare dividendi».
Enel non ha molta scelta, visto che si tratta di una maggiorazione fiscale che vale 400 milioni all’anno. Come ha precisato poi l’azienda, l’aumento dell’aliquota «riduce la dimensione dell’utile operativo netto e, quindi, anche la percentuale di utile destinato al dividendo. L’altra leva su cui la società può intervenire è aumentare l’utile prima delle tasse riducendo gli investimenti». I dettagli verranno forniti a marzo quando Enel – che ieri ha comunque confermato che il pay-out rimarrà invariato al 60% dell’utile netto – annuncerà il nuovo piano strategico 2012-2016.
Da segnalare che il provvedimento della Robin tax riduce anche la quota di dividendo per il Tesoro che controlla il 30% di Enel. Il minor incasso per lo Stato è di circa 100 milioni, ma avendone incassati 400 con l’aumento dell’aliquota Ires, il saldo è positivo. A rimetterci sono così gli azionisti di minoranza. E qualche fondo ieri ha fatto i suoi conti e ha venduto il titolo.
Del resto, non è soltanto Enel che deve fare i conti con la Robin Hood Tax, anche se il primo gruppo italiano nell’energia elettrica è quello che paga più di tutti. Alle sue spalle ci sono le società di gestione delle reti. Snam Rete Gas dovrà pagare 150 milioni in più ma non abbasserà il dividendo, anche perché ha un debito più contenuto di quello di Enel. Lo stesso vale per Terna, che avrà circa 80 milioni di tasse da pagare in più, ma che e in Borsa ha già scontato in agosto il minor utile di fine anno. Per Edison, invece, l’esborso è di circa 100 milioni che metteranno a rischio una chiusura di bilancio in nero. L’impatto sui conti di Eni, invece, si riduce a qualche decina di milioni per il fatto che la maggior parte delle sue attività è all’estero. Per tutte le altre utility si tratta di cifre meno significative: si da dai 13 di Enel Green Power alla decina per Acea, ai 4-5 di Hera.
Nel settore elettrico, intanto, tiene sempre banco la polemica tra produttori e Terna, il gestore della rete elettrica. Il ministro allo Sviluppo economico Paolo Romani, ha scritto all’ad Flavio Cattaneo una lettera in cui cerca di ricucire tra le parti: «Vista la rilevanza del tema ai fini dell’efficienza del sistema elettrico – vi si legge tra l’altro – e delle dinamiche di mercato, condivido l’opportunità , già rilevata dall’Autorità nella propria delibera, che sulla proposta sia svolta una consultazione pubblica, secondo un metodo che assicuri trasparenza ed efficacia ai processi decisionali».
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