by Sergio Segio | 26 Ottobre 2011 6:23
Non si è ancora depositato il polverone sollevato da Silvio Berlusconi con la proposta di non mandare più nessuno in pensione prima dei 67 anni, che comincia a circolare il preventivo 2012 dell’Inps in rosso per 736 milioni, un disavanzo della gestione finanziaria di competenza doppio rispetto al preconsuntivo 2011 e ancor più rispetto al bilancio 2010 che avrebbe dato un sostanziale pareggio senza la svalutazione di vecchi crediti inesigibili per 4 miliardi.
La manovra sulle pensioni s’intreccia, dunque, con la dura realtà di un Paese stagnante. Ed è probabile che, alla prova dei fatti, il disavanzo dell’anno prossimo si riveli maggiore, non foss’altro perché il preventivo si basa sulle assunzioni macroeconomiche di maggio, peggiorate a settembre.
L’annuncio del premier è ancora generico. L’innalzamento dell’età pensionabile e il conseguente annullamento delle pensioni di anzianità possono avvenire in una notte, in 12 mesi o in 20 anni. In Germania, per capirci, al traguardo dei 67 anni si arriverà nel 2029. In Francia si fatica a salire da 60 a 62 anni. In Italia l’età per la pensione di vecchiaia, ormai legata alle aspettative di vita, è destinata a crescere a ritmi tedeschi. Ma restano i trattamenti di anzianità , che assorbono gran parte della spesa pensionistica.
Prima di decidere si vorrebbe sapere qualcosa di più impegnativo delle simulazioni ufficiose di fonte Inps. Ne riferiamo comunque due: a) sospendendo una tantum dal 2012 al 2014 la pensione di anzianità anche a quanti ne abbiano maturato il diritto nel 2011, l’Inps risparmierebbe 11,6 miliardi in 3 anni a carico di 386 mila pensionandi, escluse quindi le persone in mobilità o reduci da lavori usuranti; b) se invece si decidesse di innalzare l’età pensionabile, superando definitivamente il criterio dell’anzianità , ed elevando la soglia fino ai 70 anni e 3 mesi nel 2022, avremmo risparmi che salgono rapidamente fino a 7,4 miliardi nel 2022 e poi, naturalmente, aumentano ancora per l’effetto cumulo. La riduzione della spesa pensionistica rispetto al Pil, ottenuta per tale via, passerebbe dallo 0,02% allo 0,33% nel 2022 fino all’1,3% del 2050. È tanto? Dipende: l’1,3% è più o meno l’attuale impatto dell’accantonamento annuale al Tfr sul Pil che Eurostat include, sbagliando, nella spesa pensionistica.
La questione previdenziale si presta alla lotta politica. In Italia si va in pensione di anzianità in media a meno di 59 anni; si tratta di meno di 150 mila persone l’anno. L’età , in effetti, è bassa. Ma anche il numero degli interessati, comprendendovi pure quanti sono vicini al traguardo, non è enorme. La Lega impugna lo spadone. La sinistra radicale pure. Nel Pd non si vorrebbe sostenere un premier a fine corsa. E tuttavia, sulla carta, chi facesse dell’anzianità un totem intoccabile e al tempo stesso coltivasse ambizioni di governo rischia la stessa fine della Cgil e del Pci che, credendosi maggioritari, persero la sfida referendaria con Craxi sulla scala mobile. Ma Silvio non sembra Bettino.
La manovra sulle pensioni, in realtà , andrebbe giustificata in funzione sia dei conti pubblici sia di quelli previdenziali. Com’è noto, i contributi vengono consolidati dallo Stato come ricavi. Va bene l’anzianità , ma non c’è anche dell’altro da fare? Ora, la previdenza complementare dirotta fuori dal bilancio pubblico 5-6 miliardi l’anno. Dopo una ventina d’anni di esperienza, s’imporrebbe un check up. E magari andrebbe considerato se non sia il caso di dare la facoltà di versare all’Inps il Tfr oggi riservato ai soli fondi pensione. Si avrebbe un flusso annuo di 8-10 miliardi, destinato a migliorare le prestazioni in regime contributivo.
Conti previdenziali. Vale la pena di ricordare che il budget 2012 considera un recupero dell’evasione contributiva di almeno 5 miliardi. Ma Equitalia, oltre a colpire, educa. Nei primi 9 mesi del 2011, l’Inps ha aumentato le entrate del 2,2% quando il monte salari è calato dello 0,7% e il numero dei lavoratori contribuenti è sceso del 2,7%. È vero, c’è stata meno cassa integrazione. È stato più forte il contrasto delle truffe. Ma migliora anche la lealtà contributiva. E tuttavia proprio questi dati illuminano le difficoltà della gestione ordinaria, per quanto efficiente, quando la crescita ristagna sotto l’1,5%.
L’alternativa, ai fini della sostenibilità dei conti dell’Inps, sarebbe il passaggio accelerato dal sistema retributivo al contributivo per tutti. Ma siccome non esistono i miracoli, l’entità delle pensioni prossime venture sarebbe così più bassa e si vedrebbe prima la modestia delle pensioni future delle nuove generazioni. Si dovrebbero versare più contributi all’Inps o ai fondi pensione privati. Ma come farlo se il reddito cala e il posto è incerto?
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